+393474661496 Via della Frezza 44, 00186 - Roma dottmarcosalerno@gmail.com

Liberarsi dalla paura dell’abbandono

a cura del dott. Marco Salerno psicologo psicoterapeuta a Roma

 

Roma 26 Maggio 2016

 

La paura dell’abbandono e’ una delle cause principale che impedisce ad un dipendete affettivo di mettere fine ad una relazione fortemente sofferente in cui si sente intrappolato ma di cui non riesce a fare  ameno. La paura dell’abbandono origina da esperienze disfunzionali sperimentate nella propria infanzia, durante le quali un bambino e’ trattato non come una persona ma come un oggetto, per cui impara a proprie spese che  per ricevere affetto deve necessariamente adattarsi alle richieste delle figure affettivamente significative. Alla base di questi vissuti vi e’ un processo logico secondo il quale il dipendente non crede di valere mai abbastanza come gli altri ma di dover fare sempre di tutto per fari apprezzare e voler bene. Sperimenta in modo ripetuto relazioni, di coppia, amicizia, lavoro, ecc. in cui rivive continuamente la paura dell’abbandono ma non riesce a costruire relazioni diverse da queste. Desidera con tutte le sue forze una relazione stabile e paritaria ma allo stesso tempo ha paura di viverla poiche’ il timore di sperimentare un nuovo rifiuto lo spinge a scegliere situazioni in cui non rischia di sentirsi abbandonato ma dove deve impegnarsi con tutto se stesso per farsi amare anche da chi non lo vuole. La smisurata paura dell’abbandono si accompagna a una profonda collera repressa e ad una rabbia che non ha mai potuto manifestarsi per una perdita nella propria infanzia, per una persona cara o amata che non c’e’piu’. Il meccanismo che il dipendente affettivo mette in atto per sopravvivere alla paura dell’abbandono e’ quello di cercare in altri cio’ che manca dentro di lui/lei.

Ti amo, ma… proiezioni: la rovina delle relazioni. Intervista al Dott. Salerno

 

Intervista al Dott. Marco Salerno – Psicologo e Psicoterapeuta – a cura di Daniela Cavallini

Daniela Cavallini:

Ciao Marco, bentornato e grazie per affrontare con me il tema di oggi: cambiare l’altro allo scopo di appagare la propria visione dell’amore. Un aspetto di vitale importanza per la coppia, spesso causa di conflitti. Cosa ne pensi?

Dott. Marco Salerno:

Ciao Daniela grazie per questo nuova opportunita’ di confronto, di sicuro aiuto per i lettori. Quante volte abbiamo ascoltato le seguenti parole: “se davvero mi amassi cambieresti per me”. Si dimentica che amare non significa modellare il partner sull’ideale di uomo o donna che si ha in mente, ma significa scegliere di avvicinare, conoscere e frequentare una persona con cui esplorare un tratto di vita piu’ o meno lungo. A proposito di questo mi piace sempre ricordare ai miei pazienti lo stralcio di un’opera dello psicologo americano F.Pearls chiamata “preghiera della gestalt” le cui prime battute recitano: “Io sono io. Tu sei tu. Io non sono al mondo per soddisfare le tue aspettative. Tu non sei al mondo per soddisfare le mie aspettative. Io faccio la mia cosa. Tu fai la tua cosa. Se ci incontreremo sarà bellissimo; altrimenti non ci sarà stato niente da fare.” Questi versi narrano con semplicita’ e chiarezza cosa dovrebbe essere una relazione, un incontro lineare che nasce non per compiacere l’altro ma per trovarsi SE e’ possibile, altrimenti ognuno continui lungo la propria strada. Questo presuppone una visione d’amore comune, un progetto di vita condivisa e non la necessita’ di piegare l’altro al proprio volere come una sterile prova d’amore che in realta’non alimenta altro che un profondo senso di solitudine pur stando in coppia.

Daniela Cavallini:

Spesso accade di incontrarsi, provare reciproca attrazione cui segue la frequentazione. Frequentazione che all’inizio pare idilliaca, ma che con il protrarsi rivela alcuni lati del partner che… preferiremmo diversi. Spinti dall’infatuazione, siamo stati precipitosi nel credere di avere incontrato la cosiddetta “anima gemella”?

Dott. Marco Salerno:

Nell’era del fast love, non si contemplano piu’ i tempi di decantazione durante i quali si avrebbe l’opportunita’ di osservare e ascoltare i propri sentimenti e quelli del partner. Il bisogno di conferma e’ immediato e quasi nevrotico, la distinzione tra innamoramento e amore maturo e’ annullata poiche’ si immagina che amare significa essere sempre travolti da un forte trasporto emotivo, trascurando il fatto che amare significa anche mettere a terra e portare a contatto con la realta’ i sentimenti, vedere il partner come e’ realmente e scegliere di accoglierlo senza aspettarsi che debba modellarsi sulla nostra idea di amore. Quando i pazienti mi dicono che in passato il loro partner era diverso da come e’ ora, rispondo che non si sono dati il tempo di conoscerlo, sono rimasti nella fase della simbiosi amorosa e non hanno attraversato la fase della separazione e dell’individuazione durante la quale la coppia percepisce i due componenti come due individui separati e vede l’altro per quello che e’. Tale fase si caratterizza per una conflittualita’ costruttiva data dall’adeguamento reciproco delle due personalita’. L’adeguamento e’ come un terremoto che rimescola le carte e consente di valutare se effettivamente vi e’ la possibilita’ di stabilire una relazione profonda.