Roma 16/06/2024

A cura del dott. Marco Salerno psicologo psicoterapeuta

Sì, è vero, sembra un controsenso, o magari quasi un assunto
masochista. E invece no, vuol dire che il dolore, e qui parliamo
di quello eminentemente psicologico, va affrontato, non messo
da parte, perché ove elaborato si può rivelare fonte di crescita e
maggiore consapevolezza di sé.
Se esiste una differenza fra Individuo e Persona, ebbene
questa consiste proprio nel fatto che il primo è colui (o colei)
che non si è evoluto dal punto di vista esistenziale, non conosce
davvero il proprio Sé, è rimasto a uno stadio di crescita che
potremmo definire primordiale, che risponde a degli istinti privi
di alcuna mediazione che invece la Persona ha accolto dentro
di sé nella misura in cui all’odio, alla sete di vendetta dettata
dall’orgoglio egoistico, alla rabbia incontrollata, ha sostituito
l’amore verso di sé e verso gli altri (in sano equilibrio fra loro), e
ha scelto un percorso improntato alla bellezza, intesa come
armonia con il proprio Io e con ciò che lo circonda.
Chi riesce ad intraprendere questa strada sceglie la vita,
l’autodeterminazione, la libertà, la verità, perché sceglie di
abbracciare e realizzare il proprio progetto esistenziale, in
sostanza la realizzazione di sé, di ciò che si è veramente.
Di contro, chi si allontana da questo cammino (che certamente
non è privo di ostacoli, ma la cui meta merita i sacrifici che
richiede), a un certo punto non prova più nemmeno amore per
sé, e facilmente cade vittima di soggetti manipolatori e
narcisisti, e con loro si inabissa nel buio delle relazioni tossiche.
In sostanza diventa infedele a sé stesso, negando la verità del
proprio progetto esistenziale, si lascia dominare, non
ritenendosi degno di essere amato in modo sano.

Certamente chi è vittima di individui patologici sa, anche solo a
livello inconscio (ma in genere anche più scientemente) di non
stare bene, di trovarsi in una situazione che crea malessere,
insoddisfazione, dolore.
Eppure sono molte le persone che pur di non riconoscere e
affrontare il dolore, perché pensano che altrimenti starebbero
ancora peggio, lasciano che la propria vita si maceri
nell’amarezza e nella frustrazione di una relazione che non ha
nulla, ma proprio nulla di appagante.
E dunque seguitano a subire violenze (fisiche e psicologiche),
umiliazioni, indifferenza del partner, perché hanno più paura del
dolore di dover riconoscere a sé stesse di aver permesso a
qualcuno di far loro del male, che non del dramma quotidiano
che le soffoca inesorabilmente e distrugge ogni sana
aspirazione di realizzazione personale e libertà esistenziale.
Separarsi da qualcuno che si è amato, o si è creduto di amare,
da cui si è pensato per lungo tempo di essere stati amati, è
molto difficile, è lacerante.
Ma se si elabora la sofferenza del distacco, se la si osserva
attraverso una lente prospettica che faccia intravedere un
orizzonte più luminoso dell’oscurità attuale, allora è possibile
che dalla rabbia distruttiva (sentimento che si va accumulando e
stratificando nel tempo nell’animo della vittima di un aguzzino
che ha solo subito senza mai reagire efficacemente) si passi
alla rabbia costruttiva, un’energia quanto mai potente in grado
di trasformare un desiderio negativo di vendetta (assai
pericoloso) in un innesco per liberare le proprie potenzialità
positive e feconde.
Ovviamente, per intraprendere questo essenziale,
fondamentale percorso di crescita e liberazione personale, per
svincolarsi da una relazione affettiva che ha solo provocato
ferite e lacerazioni profonde, bisogna anzitutto sapersi
perdonare, accettare di essere vulnerabili, fragili. E dunque
anche essere consapevoli che la strada è lunga, irta di ostacoli,

in cui si potrà inciampare, sentirsi affaticati, a volte non in grado
di raggiungere la meta agognata.
Perciò sarà necessario guadagnarsi la libertà e il
ricongiungimento alla verità del proprio progetto esistenziale a
piccoli passi, come quando si parte in montagna per una
passeggiata in vetta o come quando si inizia a studiare una
nuova lingua o uno strumento musicale.
Non bisogna avere fretta, solo gustarsi i lenti ma costanti
progressi, apprezzando la capacità che ognuno di noi ha di
imparare a fare cose nuove, con la curiosità di scoprire, di
apprendere, in questo caso lati sconosciuti della nostra
Persona.

Una volta giunti in vetta si avrà una visione del mondo (del
proprio Io interiore) di gran lunga più ampia, in grado di
permettere scelte più consapevoli e sane, di metterci nelle
condizioni di scegliere ciò che ci fa bene e di riconoscere e
allontanare, rifiutare, ciò che può avvelenare la nostra vita.