Roma 3 giugno 2014
A cura del dott. Marco Salerno
L’empatia è una capacità attraverso cui è possibile raggiungere una comprensione profonda dell’altro grazie all’immedesimazione emotiva per stabilire relazioni umane significative. L’empatia è una capacità prettamente umana, distinta dalla simpatia, secondo la quale una persona risponde all’emozione dell’altro con una emozione non è identica ma congruente. Secondo Goleman (1995) l’empatia e l’autocontrollo sono due competenze sociali che aiutano l’individuo a costruirsi una vita relazionale ricca ed emotivamente soddisfacente, la quale influenza positivamente anche il benessere psico-fisico della persona. L’empatia si basa sull’autoconsapevolezza delle proprie emozioni che consente anche di leggere i sentimenti altrui. Facilita la comprensione delle emozioni che le persone esprimono sia a parole (comunicazione verbale), sia quelle che sono espresse con il tono di voce, i gesti, l’espressione del volto (comunicazione non verbale). È una dote appresa e fatta propria sin dalla nascita. Le prime attitudini empatiche si possono rintracciare nei neonati che sono turbati dal pianto di un altro bambino mentre i bambini intorno all’anno d’età imitano la sofferenza altrui, probabilmente per meglio comprendere ciò che l’altro sta provando.Inoltre, sembra che alla base dell’empatia ci siano i processi di sintonizzazione-desintonizzazione che caratterizzano le prime fasi del rapporto madre-figlio e che consentono al bambino di sentirsi compreso. I genitori che non sono in grado di sintonizzarsi sui bisogni dei propri figli determinano un danno enorme in loro che si ripercuoterà sulla vita affettiva futura. Quando un genitore non riesce mai a mostrare alcuna empatia con le emozioni del bambino (gioia, pianto, bisogno di essere cullato) questi inizia ad evitare di esprimerle e talvolta di provarle. In questo modo presumibilmente, numerose emozioni cominciano ad essere cancellate dal repertorio delle relazioni intime soprattutto se durante l’infanzia, questi sentimenti continuano ad essere scoraggiati.
Per capire meglio cosa si intende per empatia si può fare riferimento ad una citazione di E. Giusti, Iannazzo secondo cui “La comprensione è impossibile senza una profonda risonanza interiore tra due persone”. Non vi sono regole per essere empatici, ma è possibile suggerire alcuni modi per incrementare l’empatia, tra le quali si annovera la capacità di ascolto. Il sapere ascoltare non è un processo passivo, ma richiede il controllo della propria comprensione, sviluppando la tendenza di dirigere il discorso dal generale al particolare, in modo tale da potere immaginare attivamente la scena descritta da chi ascoltiamo. Tale fatto consente di dedurre e sentire le esperienze dell’altro come proprie, facilitando il processo di identificazione, attribuendo importanza alle immagini e alle metafore usate, che hanno un potere evocativo superiore a quello delle parole. Comprendere le emozioni e i sentimenti che caratterizzano una persona, è un elemento indispensabile per aiutare un individuo in un determinato momento della sua vita. La comprensione empatica aiuta una persona a sentirsi compresa, accettata, apprezzata e non giudicata, accolta e riconosciuta come bisognosa di cure e accoglienza.
L’opposto dell’empatia è l’alessitemia termine coniato da Sifneos per indicare “un disturbo specifico nelle funzioni affettive e simboliche che spesso rende sterile e incolore lo stile comunicativo dei pazienti psicosomatici”. Secondo McDougall (1982) l’alessitimia è una difesa contro il dolore psichico, mentre Krystal (1979, 1982-1983) la attribuisce ad un arresto dello sviluppo affettivo a seguito di un trauma infantile, o a una regressione nella funzione affettivo-cognitiva dopo un trauma catastrofico nella vita adulta. Alcuni studiosi hanno suggerito che in aggiunta ad una disfunzione organica responsabile dell’alessitimia esista uno specifico ambiente sociale-evolutivo che inibisce l’espressione emotiva, ipotesi che sembra per altro confermata dalla presenza di un numero maggiore di uomini alessitimici rispetto alle donne e da una maggiore propensione di queste ultime ad essere empatiche. Infatti, agli uomini più che alle donne si insegna ad esprimere poco le proprie emozioni e a sviluppare capacità legate più alla vita pratica, lavorativa che non alla sfera affettiva. In genere gli individui alessitimici oltre ad avere un pensiero simbolico nettamente ridotto o assente mostrano anche una sorprendente difficoltà a riconoscere e descrivere i loro sentimenti e a discriminare tra stati emotivi e sensazioni corporee. Queste persone hanno spesso esplosioni di collera o di pianto incontrollato, ma quando viene chiesto loro il motivo per cui provano queste emozioni sono incapaci di descrivere quello che provano. In aggiunta la rigidità nei movimenti e la mancanza di movimenti espressivi del volto definiscono un funzionamento emotivo ridotto. Le persone alessitimiche hanno una apparente discreta vita sociale ma non sono in grado di entrare in contatto con la propria realtà psichica, con i propri vissuti interiori come anche di sintonizzarsi sui sentimenti e vissuti altrui. Inoltre queste persone tendono a stabilire relazioni interpersonali fortemente dipendenti oppure preferiscono stare da soli ed evitare gli altri.
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