“Natale: tempo di gioia o di vecchi dolori? Come ridurne il peso e intensificarne il valore”.
Dott. Marco Salerno 23/12/2012
Natale tempo di gioia, di condivisione e di regali? Non per tutti sembra. Un famoso drammaturgo irlandese, G.B. Shaw lo definisce una atroce istituzione, dove tutti sono “obbligati” ad andare a cene con famiglie che non vedono mai, si indebitano per fare compere, per fare regali a persone che sentono raramente, sottoponendosi ad uno degli stress più forti dell’anno. Inoltre ci si mette anche la crisi che costringe a ridurre le spese, acutizzando ancor di più la sensazione di impotenza di rendere felici chi si vuole bene perché non è possibile inondarli di doni. Il clima di gioia artificiosa, imposto in largo anticipo con una pubblicità martellante che spinge sempre più ad acquistare, di certo non aiuta a liberarsi da questa spirale diabolica che stritola molti completamente.
Il Natale è una pietra miliare, un rito di passaggio durante il quale siamo costretti a fare un bilancio dell’anno che sta volgendo a termine, per cui spesso il confronto tra il nostro vissuto e la felicità irreale che ci viene proposta crea un vuoto spesso inaccettabile, da cui ne usciamo sempre a pezzi. Oltre ad essere un rito, diventa un incubo che matematicamente esaspera lo stato d’animo di ognuno di noi, costretti a passare per la strettoia degli affetti sperando che qualcosa quest’anno miracolosamente vada meglio dei precedenti. In questo periodo chi soffre di disturbi dell’umore vede ancor più acutizzati i propri stati d’animo, possono nascere o aggravarsi degli stati depressivi, poiché ci si può sentire inadeguati rispetto al clima di gioia patinato e poco autentico. I contesti familiari diventano dei veri campi di battaglia affettivi dove ognuno, pur volendo essere riconosciuto, ricopre troppo spesso un ruolo immutabile anche se cresce, cambia e si evolve, come se non arrivasse mai il momento e il diritto di rinnovarsi e di scegliere se partecipare liberamente a questa festa.
L’anomalia creata durante il Natale è una sorta di artificio affettivo secondo cui in questi giorni si dovrebbero sospendere le tensioni e i vuoti che ognuno porta con se. Per fortuna ci pensa il nostro corpo a ricordarci se le scelte che facciamo sono buone per noi, mandandoci segnali fisici di ogni genere che rivelano agitazione e tensioni, tra cui i più diffusi sono le sensazioni di nervosismo e di ansia, i disturbi gastrointestinali, pruriti, arrossamenti, torcicollo, cistiti. L’organismo esprime la nostra storia familiare e la rivive quando ci mettiamo in una situazione emotivamente dannosa, poiché riemergono conflitti sopiti, i sensi di colpa ci arrivano in piena faccia come un pugno, amplificando la rabbia e la tristezza dovuta a quello che vorremo fare e che non sempre siamo in grado di realizzare. In psicologia clinica si parla di “sindrome depressiva natalizia” rintracciata per la prima volta in uno studio svolto nel 1981 in America (Feelings about Christmas, as reported by psychiatric emergency patients, Velamoor, Varadaraj et al) che evidenzia come i pazienti riferiscano che gli stati d’animo più frequenti durante il periodo natalizio siano il senso di solitudine, il sentimento di mancanza di una famiglia, i ricordi e preoccupazioni economiche. Emergono emozioni legate a eventi del passato che non sono stati elaborati e che si ripropongono sotto forma di conflitti familiari, di ricordi infantili passati, di relazioni irrisolte e di ricorrenze che a volte riportano a un tempo che non esiste più. Il paradosso più folle di questa ricorrenza è che, pur essendo una occasione in cui l’amore dovrebbe essere il protagonista assoluto, non si tollera chi non è allineato con il clima di gioia e di felicità proposto ad oltranza, per cui chi non si adegua è fuori dal gioco. Questo approccio non fa altro che deteriorare gli stati d’animo di chi prova tristezza e malinconia, poiché determina una percezione di inadeguatezza rispetto al contesto.
Per uscire indenni dalle prossime festività ci sono alcuni semplici accorgimenti da tenere presenti che possono aiutare ad affrontare i momenti di difficoltà. Quando avvertiamo il senso di colpa per non essere contenti come gli altri o non adeguati al clima natalizio, sentiamoci liberi di condividere queste sensazioni con chi vogliamo, parliamone liberamente senza reprimerle. È molto più costruttivo accettare i propri stati d’animo e viverli piuttosto che rimuoverli e indossare un abito emotivo che non ci si addice in quel particolare momento. Chiediamoci non solo cosa non ci piace del Natale ma recuperiamo anche quegli aspetti dimenticati collegati a questo evento che possono richiamare ricordi piacevoli. Piuttosto che rimuginare su quello che non vogliamo, tentiamo di crearci un’alternativa valida, attendere passivamente che questo periodo di festa passi, costituisce uno spreco di tempo prezioso della nostra vita. Fuori dal nostro mondo c’è sempre qualcuno che ha bisogno di aiuto, il vecchio adagio “c’è sempre chi sta peggio” a volte aiuta soprattutto quando anche un semplice gesto costituisce un grande aiuto per chi lo riceve. Il consumismo sfrenato ci porta anche ad indugiare troppo in pranzi e cene che più che essere momenti di convivialità diventano occasioni per riempire vuoti con quantità di cibo che danneggiano il nostro organismo. Bilanciamo la nostra alimentazione e cogliamo anche l’occasione per riprendere il contatto con la natura che spesso perdiamo, vivendo in aree urbane dove gli spazi verdi sono ridotti al minimo. Dipende esclusivamente da noi come scegliamo di vivere questo Natale, se vogliamo veramente renderlo diverso dai precedenti e riempirlo di significato, recuperiamo il senso profondo dello scambio e della condivisione che troppo spesso è sostituito da un bisogno compulsivo di riempire facendoci sentire in realtà sempre più vuoti.
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