Pessimismo e senso di fallimento: le nuove malattie dei disoccupati

27/08/2012

A cura del Dott. Marco Salerno, Psicologo Psicoterapeuta a Roma

(Articolo scritto per www.affaritaliani.it il 27/8/12;  http://tinyurl.com/9vf99u2 )

Il tema della disoccupazione dilagante e delle sue catastrofiche conseguenze, non ultimo il gesto disperato dell’uomo che si e’ dato fuoco qualche settimana fa davanti a Montecitorio, culminato con la sua recente morte, continuano a riempire le prime pagine dei quotidiani. Ormai non e’piu’ possibile ridurre questo fenomeno esclusivamente a delle crude cifre ma e’ necessario  valutare attentamente la portata delle conseguenze  sul piano umano, sociale e medico.
La disoccupazione e’ un fenomeno che sta investendo sia chi e’ gia’ all’interno del mercato del lavoro sia chi sta cercando in ogni modo di entrarci anche se con risultati non sempre incoraggianti. Inoltre tale condizione si scontra con il valore attribuito al lavoro, considerato un elemento fondamentale nella vita di ogni persona poiche’ contribuisce a definirne il ruolo all’interno della societa’.
La conseguenza immediata del licenzamento e’ la mancanza di sicurezza economica e la conseguente difficolta’ a vivere o addirittura a sopravvivere, a cui segue spesso la percezione di non avere piu’ un ruolo attivo nella societa’. Il disoccupato si chiede se la causa del licenziamento e’ sua, se ha fatto qualcosa di sbagliato o se poteva lavorare meglio, sentendosi a volte quasi un perdente, attribuendosi le colpe per la condizione che sta vivendo. Sul piano strettamente psicologico avviene un vero e proprio terremoto, i sintomi che caratterizzano il quadro clinico sono l’insonnia, l’alterazione dell’appetito, il senso di stanchezza, pessimismo, ansia, irritabilita’, mancanza di autostima e senso di fallimento. E’ facilmente comprensibile che la crisi economica attuale e le sue conseguenze stanno avendo un impatto enorme sullo stile di vita di chi la subisce in prima persona. Inoltre la perdita del posto di lavoro e’ strettamente correlata alla depressione a cui si associano anche altri disturbi come gli attacchi di panico e l’ansia generalizzata. Contemporaneamente si sviluppano alcune cattive abitudini, cresce l’uso di alcolici e di droghe, i divorzi aumentano, avvengono maggiori aggressioni nella sfera domestica e, a volte si mettono in atto gesti estremi come il suicidio, che e’ la manifestazione di una disperazione ormai insopportabile.
La condizione vissuta dalla persona perde il lavoro, secondo la psicologa californiana R.J. Canter, e’ paragonabile ad essere investiti da un’auto. In effetti la prima reazione e’di incredulita’, poiche’ sembra impossibile che possa essere successo proprio a lei e crede che trovera’ a breve un altro posto di lavoro. Successivamente subentra il pessimismo, si rende conto che le difficolta’ sono piu’ grandi di quelle immaginate e le opportunita’ di trovare un nuovo posto non sono molte. In questa fase e’ fondamentale il supporto della rete amicale e famigliare per aiutare a ridimensionare la percezione personale del problema e per sostenere il disoccupato, alimentando la sua motivazione. Dopo circa nove mesi di disoccupazione entra in gioco uno stato di rassegnazione durante il quale la persona smette di cercare lavoro e si isola sempre di piu’ poiche’ pensa che non ne verra’ mai fuori e inizia a vergognarsi della sua condizione di fronte a familiari ed amici. Alcuni studi di settore hanno anche rilevato che i disoccupati, che svolgevano un lavoro in cui si identificavano molto, soffrono della “sindrome di immobilismo” del ruolo lavorativo. Essi difficilmente riescono ad immaginare di svolgerne un’altro diverso da quello precedente, limitando notevolmente la possibilita’ di reinserimento in un nuovo contesto professionale.