a cura del dott. Marco Salerno psicologo psicoterapeuta a Roma
Il dipendente affettivo porta con se’ la problematica affettiva di essere abbandonato e di valere meno di tutti in qualunque contesto si trovi anche in ambito professionale. Sul posto di lavoro il dipendente affettivo e’ super efficiente, una persona modello, arriva prima di tutti, si trattiene a lungo, lavoro in modo infaticabile. Puo’ dare l’impressione che voglia fare carriera e diventare il capo ma quello che lo guida e’ un inconfessabile bisogno d’amore. Cerca di avere conferma attraverso il successo professionale del suo valore, e’ pronto a sacrificare tutto per ricevere una manifestazione di affetto e di approvazione, sul lavoro crede di aver trovato una soluzione all’abbandono, diventando una risorsa modello. Il lavoro diventa la sua unica fonte di valorizzazione, da cui rischia di diventare dipendente pur di ricevere l’approvazione da colleghi e dai superiori pur di sentire di contare qualcosa. La vita professionale del dipendente affettivo riempie quel vuoto che sperimenta quotidianamente nella vita personale, dove vive il terrore di perdere tutto e di non riuscire a controllare nulla. I colleghi diventano la famiglia e l’ufficio la casa dove sentirsi protetti, dove se si lavora duramente e si e’ sempre disponibili, arrivera’ un riconoscimento vero. Basta pero’ un sorriso o una osservazione per insinuare una crepa nella sicurezza conquistata a fatica, lavorando ogni giorno fino allo stremo. Il dipendente affettivo vive un perenne stato di ansia, teme di essere tradito, non compreso e nonostante sia superefficiente lo accompagna una costante paura di perdere il lavoro. A lungo andare la sua dedizione diviene la norma per superiori e colleghi, gli apprezzamenti diminuiscono e si insinua di nuovo la paura della solitudine e dell’abbandono per cui non rimane che fare ancora di piu’ anche a discapito della propria salute.