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Come affrontare la fine di una relazione


 

Roma 3 agosto 2020

A cura del dott. Marco Salerno

 

Spesso ci fissiamo su una relazione senza futuro o finita da tempo perché non vogliamo accettare il fatto che sia arrivata al capolinea, il dolore che vediamo all’orizzonte sembra essere troppo da sopportare e abbiamo paura di affrontarlo. Rimanere in una situazione ormai stagnante non ci aiuta in alcun modo, anzi rimandare il momento del distacco e prendere atto del fatto che sono rimasti solo i ricordi di una storia, amplifica la paura della fine.

La fine di una storia equivale ad un lutto, e’ una perdita vera e propria, una separazione definitiva ed irreversibile che ci porta a volte a ricordare solo i momenti belli e a dimenticare le ragioni che ne hanno decretato la fine. Ripercorriamo con la mente ogni momento della relazione, andiamo alla ricerca del “colpevole”, di quel fatto o di quella situazione o persone che hanno incrinato in modo irreparabile il rapporto. Ma la realtà e’ che una storia inizia a finire quando entrambi i partner non si rendono conto che i sentimenti di uno o di entrambi stanno cambiando, che alle parole non seguono più  i fatti e che si sta diventando sempre  estranei l’un l’altro. Non ci sono strategie per affrontare la fine di una storia ma esiste una strada per riprendere in mano la propria vita e per liberarsi dal dolore. Ogni evento doloroso che ci capita ha un significato, sono segnali che ci indicano che quello che stiamo vivendo non era adatto a noi, non consentiva di esprimere le parti più profonde della nostra persona e ci relegava ad adattarci ad una situazione  a volte anche comoda pur sempre soffocante e limitante.

Il dolore può essere visto come un’ingiustizia oppure come uno strumento che aiuta a crescere: spetta a noi decidere come sfruttarlo. Bisogna lasciarlo andare, fluire, attraversare, evitare di continuare a chiedersi chi ha sbagliato cosa o darsi tutte le colpe. E’ finita e bisogna ripartire perché la vita e’ una e abbiamo sempre un’altra possibilità di stare bene. Nella fase iniziale della rottura e’ importante imparare a riconoscere e a convivere con le emozioni di rabbia, tristezza e gelosia, non ricercando i motivi della fine della storia, di cosa si avrebbe potuto fare di più o di chi e’ la colpa. L’importante e’ stare nel presente, nel qui e ora, a contatto con le proprie emozioni anche se dolorose.

Infedeltà e relazioni extraconiugali

Roma 16 febbraio 2019

A cura del dott. Marco Salerno

Il tema dell’infedeltà’ costituisce da sempre un terreno di confronto e di scontro per una coppia, attivando dinamiche emotive  che affondano le loro radici sia in cause biologiche sia psicologiche. Secondo Attili (2000) negli uomini e nelle donne potrebbe esserci una naturale propensione all’infedeltà’ poiché le scelte del partner sono riconducibili al complesso coadattato secondo cui le donne scelgono gli uomini alti, più anziani e con uno status socio economico che possa garantire a loro e alla prole il sostegno necessario affinché possano prendersi più a lungo cura dei loro figli. Gli uomini invece tendono a scegliere partner più giovani poiché la giovane età è garanzia di salute e di un buon patrimonio genetico e di un maggiore potenziale riproduttivo. Nonostante i maschi tendano ad avere più relazioni, mantengono un rapporto monogamico nel quale investire risorse e cure al fine di assicurare protezione e sopravvivenza alla propria discendenza. Il minore investimento da parte dei maschi in una relazione affettiva stabile può essere ricondotto al concetto espresso dal detto latino mater semper certa est, pater numquam (la madre è sempre certa, il padre mai). La motivazione biologica dell’infedeltà’ maschile è riconducibile alla strategia riproduttiva per propagare il proprio patrimonio genetico secondo cui diffondere i propri geni a basso costo anche in altre relazioni differenti da quella ufficiale. Allo stesso modo nella specie umana il successo riproduttivo femminile è assicurato non solo dalla scelta di uomini che hanno una posizione economicamente stabile ma anche dall’avere legami alternativi con altri a cui far credere di essere padri dei propri figli e quindi garantirsi un nuovo compagno nel caso in cui si perda il proprio. Secondo Baker (1996) per una donna potrebbe essere utile farsi fecondare di nascosto da un maschio portatore di geni migliori di quelli del proprio partner, poiché il compagno stabile potrebbe essere stato scelto per assicurare risorse economiche piuttosto che un buon patrimonio genetico. L’autore sostiene che una percentuale compresa tra il 10% e il 30%  di bambini nate da coppie stabili sia da attribuire a un tradimento da parte della donna.  Trevis (1972) spiega come la gelosia maschile sia legata alla possibilità che la propria partner abbia altri legami sessuali, per cui comporterebbe il rischio di allevare i figli di altri maschi mentre la gelosia femminile è legata all’idea che il proprio partner abbia un altro legame affettivo che implicherebbe lo spostamento di risorse su un’altra donna e su i suoi figli.

Da un punto di osservazione psicoanalitico il tradimento affonda le sue radici nell’insicurezza poiché per un uomo constatare il buon funzionamento del proprio pene è di per sé una soddisfazione, per cui il tradimento maschile può essere spiegato, al di là delle tendenze biologiche, come conferma dell’insicurezza  sul corretto funzionamento del proprio sesso. Inoltre i maschi tendono a confrontarsi con il padre che idealizzano come esempio di potenza sessuale rispetto alle femmine che si concentrano sulle capacità generative e sul bisogno di sicurezza e stabilità.  Lingiardi e Madeddu (1994) evidenziano che se i partner non sono sereni ed appagati individualmente, tendono ad attribuire la crisi del rapporto all’altro piuttosto che a se stessi, dimostrando di non essere capaci di assumersi la responsabilità delle proprie scelte ma di sentirsi vittime. Da un punto di vista psicoanalitico il tradimento può essere considerato una compulsione generato dai seguenti fattori:

Identikit del narcisista perverso: le differenze tra narcisismo maschile e femminile

Roma 27 Maggio 2017

 

A cura del dott. Marco Salerno, psicologo psicoterapeuta a Roma

 

 

Se e quanto un narcisista perverso e’  consapevole dei comportamenti che agisce e delle loro conseguenze, e’ una delle domande che le persone  si pongono di continuo. Piu’ le loro azioni sembrano assurde, sadiche, distruttive, impensabili, piu’ ci si chiede se sono consapevoli di quello che fanno. La maggioranza dei narcisisti perversi si rendono conto dell’influenza e del potere  che esercitano sugli altri, sulle reazioni che vogliono determinare in chi si rapporta con loro ma sono completamente inconsapevoli delle conseguenze che i loro comportamenti determinano poiche’ non si assumono alcuna responsabilita’ di quello che fanno e non sono in  grado di immaginare le ripercussioni delle loro azioni.  Il paradosso che difficilmente si riesce a comprendere quando ci si relaziona con un narcisista perverso, e’ dovuto al fatto che quello che dicono non e’ in alcun modo allineato e coerente con i loro comportamenti. A parole esprimono sentimenti e dedizione verso il/la propria partner, difendono la morale e si spacciano per sostenitori dell’etica e della legge, nella realta’ loro sono l’eccezione che puo’ trasgredire la regola, poiche’  non devono sottostare e rispettare le regole, e’ tutto concesso in deroga, indipendentemente dalle conseguenze che questo puo’ avere su chi li circonda. Il loro obiettivo e’ quello di assicurarsi un’immagine positiva di se’ e di far si che chi sta loro vicino contribuisca a questo. Tra le forme che il narcisismo puo’ assumere vi e’ quella della la perversita’ che da origine al narcisista perverso.

 

Come si riconosce un/una narcisista perverso?

 

Il/la narcisista perverso di solito si comporta in modo insospettabile quando inizia ad interagire con una persona che non conosce ancora, non destando alcun sospetto sulla sua tendenza manipolatoria. Spesso si presenta come una vittima e cerca di suscitare compassione, non e’ capace di costruire delle relazioni amicali o relazionali profonde ma e’ alla continua ricerca di complici, non rispetta mai i limiti degli altri  ma cerca sempre di ottenere quello di cui ha bisogno: riconoscimento e soddisfazione dei propri bisogni senza considerare mai l’altro. Quando il/la narcisista perverso inizia la sua opera di seduzione verso un/una nuova partner cerca di mostrarsi differente da quello che e’, di sedurre e solo successivamente, una volta che il successo e’ assicurato, di essere se’ stesso. Il/la narcisista perverso durante la fase della seduzione e della conoscenza mostra la parte migliore di se’, mente su chi e’ e cosa fa spacciandosi per una persona diversa da quella che e’. Di solito simula interesse ed attenzione per la persona che desidera ma in realta’ non ha alcuna considerazione per l’altro, appare generoso ma la lsua generosita’ e’ solo un  modo per trarre gratificazione dal riconoscimento dal partner. L’obiettivo del narcisista perverso non e’ di amare l’altro ma di ingannarlo, intrappolando il/la partner in attenzioni che lasciano ipotizzare un futuro altrettanto piacevole ma che si rivelera’ essere ben diverso quando sentira’ di “possedere” affettivamente la propria vittima.

Stiamo insieme, siamo infelici ma non riusciamo a lasciarci: le ragioni che impediscono di chiudere definitivamente una relazione.

Roma 25 febbraio 2016

 

A cura del dott. Marco Salerno psicologo psicoterapeuta a Roma

 

Nella mia pratica clinica ascolto sempre piu’ spesso storie di amori infelici, di relazioni che non portano a nulla, dove i partner si lamentano delle mancanza dell’altro, di quanto sono delusi ma allo stesso tempo non riescono a fare a meno di lui o di lei. L’effetto di queste situazioni e’ un vero e proprio male dell’anima, una condizione di cronica delusione che puo’ sfociare anche in disturbi psicosomatici e pensieri ossessivi. Spesso le modalita’ con cui le persone manifestano il loro affetto fa pensare piu’ all’odio che all’amore.

 

Ma cosa  spinge a scegliere sempre la stessa tipologia di persone e a trovarsi nelle medesime tipologie di relazioni?

 

 Spesso si sente la frase “incontro sempre uomini o donne che non sono capaci di amare o che non vogliono una relazione”. Perche’ alcune persone si trovano in questo tipo di condizioni ripetutamente? La modalita’ di relazione sentimentale che instauriamo con un partner, trae origine dal tipo di legame di attaccamento o relazione che da bambini abbiamo appreso con le nostre figure di riferimento affettivo. Le forti emozioni che si provano durante la fase dell’innamoramento sono quelle che guidano la persona nella scelta del partner secondo criteri inconsapevoli ma ben radicati e appresi per instaurare una relazione intima e mantenerla nel tempo. I criteri o modelli che ogni persona utilizza per stabilire la propria particolare modalita’ di relazione fanno riferimento al copione del legame infantile interiorizzato. Le caratteristiche della figura di attaccamento (la madre o il padre o chi si prende cura del bambino)e le sue modalita’ di allevamento, adeguate o inadeguate, verranno interiorizzate dal bambino e riconosciute come uniche nelle persone che si prenderanno cura di lui/lei. In funzione degli scambi affettivi che il bambino sperimenta con la figura di attaccamento, sviluppera’ una serie di previsioni di come questa si comportera’ e quanto potra’ essere affidabile in caso di difficolta’. Attraverso questo processo interattivo e previsionale, si svilupperanno  “modelli interni di relazione” con cui si intendono le modalita’ di relazione e di scambio appresi nella relazione con la figura di riferimento affettivo. In base a questi modelli interni di relazione il bambino interpretera’ i comportamenti della figura di attaccamento e le sue risposte.