a cura del dott. Marco Salerno
Alcuni mesi fa mi sono imbattuto in un articolo sull’Huffington Post che mi ha molto colpito perché raccoglieva le testimonianze di Bronnie Ware, infermiera che assisteva malati terminali, per Unbounded Spirit . E’ emerso che i rimpianti più frequenti per molti malati sono stati quelli di avere perso tempo ad inseguire obiettivi effimeri che non hanno permesso loro di stare in contatto con sé stessi e con i propri desideri più profondi. I cinque rimpianti più frequenti sono:
a) Avere il coraggio di vivere la propria vita e di realizzare i propri sogni: troppo spesso ci adattiamo e ci perdiamo compiacendo chi ci circonda senza mai chiederci come realmente vogliamo vivere. Prendiamo in prestito mille scuse e giustificazioni, tra cui “è più facile a dirsi che a farsi”, “non è facile”, “la crisi”, ecc. Siamo sprovvisti della capacità di guardarci dentro e prendere il coraggio a quattro mani per chiederci: “se questo fosse l’ultimo giorno della mia vita lo avrei vissuto così?” Proviamo a porci questa domanda e a vedere se la risposta che ci diamo ci soddisfa, non dimenticando che non abbiamo un tempo infinito a disposizione.
b) Lavorare di meno: renderci conto di avere investito la maggior parte delle nostre energie nel lavoro, nel fare carriera, inseguendo il riconoscimento del nostro valore esclusivamente attraverso la crescita professionale. A questo punto alcuni potrebbero muovere l’osservazione che senza lavoro non si sopravvive, ed è vero ma il problema ormai è aver fuso e confuso l’ambito lavorativo con quello personale, privandoci degli spazi e del tempo che potremo dedicare a chi amiamo, in primo luogo a noi stessi.