Roma 4 febbraio 2023
A cura del dott. Marco Salerno
Chi di noi non ha mai visto un classico film western in cui, a un certo
punto, viene inquadrato una sorta di manifesto con la foto seppiata o
l’abbozzo di un disegno con la faccia del bandito ricercato di turno, con
tanto di ricompensa ben in evidenza, qualora lo si consegni allo sceriffo
o alle autorità, non importa se vivo o morto?
La storia degli identikit è lunga: ora esistono veri e propri programmi,
algoritmi in grado di processare le informazioni fornite alle forze
dell’ordine da eventuali testimoni di un delitto, in grado di produrre
un’immagine molto verosimile e prossima a quella del criminale da
identificare.
Ebbene, ci potremmo chiedere se è possibile tracciare una sorta di
identikit anche del soggetto affetto da narcisismo patologico, così da
poterlo, più che segnalare alla polizia (cosa che evidentemente non ha
alcuna ragione, salvo che i suoi comportamenti non sfocino nel
compimento di veri e propri reati), piuttosto fuggirne finché si è in
tempo.
La risposta è sì.
Dunque, con simili individui, chiaramente non riconoscibili attraverso
caratteristici tratti somatici (fortunatamente la stagione degli atlanti
criminali di Lombroso è superata), dobbiamo affinare le nostre capacità
di osservazione psicologica e caratteriale.
I narcisisti hanno infatti dei tratti comuni, che è possibile individuare:
basta solo osservarne i comportamenti e, in genere, se non da subito,
trascorso un po’ di tempo in loro compagnia, non risulta troppo difficile
riconoscerli.
Ne esistono di diversi tipi, ma possiamo riassumere qui quelle che sono
le principali caratteristiche, i minimi comuni denominatori della
personalità narcisista.
Anzitutto, sono degli egocentrici: tutto il mondo deve ruotare
necessariamente attorno a loro. È come se la concezione dell’universo,
passata attraverso le teorie tolemaica prima e copernicana poi, e nel
periodo umanistico-rinascimentale quella che vedeva l’uomo al centro,
si fosse ridotta a una visione ben più misera, per la quale un singolo
individuo, il narcisista, crede di essere il solo ed esclusivo elemento di
riferimento di ciò che lo circonda, in primis gli altri esseri umani.
Ma c’è egocentrico ed egocentrico: siamo portati a concepire l’idea che
questi soggetti siano (o meglio, si mostrino) sempre sicuri di sé,
sprezzanti, assolutamente indifferenti ai bisogni altrui, sempre pronti a
sottolineare quanto siano migliori degli altri, a mettere il prossimo su un
gradino più basso, nel tentativo di umiliarlo, e dunque inclini a
intraprendere carriere che li portino ad assumere posizioni
gerarchicamente apicali, in modo da poter meglio approfittare della
superiorità sociale raggiunta per considerarsi inattaccabili.
Se è vero che questi sono tratti molto comuni al narcisista patologico,
che ricerca sempre il consenso per nutrire in modo abnorme la propria
autostima (dunque non alla ricerca di un sano e naturale consenso che
un individuo normale desidera nella vita per confermare la correttezza
del proprio agire), esistono però anche degli egocentrici insicuri.
Sono coloro che, spesso inetti e “perdenti”, anziché tentare di migliorare
le proprie capacità, di riconoscere i propri errori ed emendarli per far
meglio la volta successiva, sono sempre pronti a dare la colpa agli altri,
a scaricare le proprie responsabilità, a puntare il dito su qualcuno o
qualcosa che ritengono essere la causa del loro fallimento.
L’incompetente, se narcisista, non ammetterà mai la propria
inadeguatezza, altrimenti dovrebbe porsi di fronte al baratro del suo
vuoto interiore, della vacuità della sua esistenza basata su un inganno
perpetrato nel tempo, sin dall’infanzia, i cui traumi sono la scaturigine
della patologia che li affligge.
Altra differenza, ma solo estetica, fra l’egocentrico sicuro di sé e
l’insicuro è la maggiore o minore cura nell’aspetto fisico e nel vestire: il
primo volendo apparire sempre impeccabile, al limite del dandismo, il
secondo invece risultando spesso trascurato e sciatto.
Ma in ogni caso, anche l’apparente timido e insicuro, in realtà, tanto
quanto il corrispettivo “esplosivo”, alberga in sé una profonda
indifferenza al prossimo, una totale mancanza di empatia nei confronti
delle necessità altrui, una forma di svalutazione del prossimo,
necessaria a compensare quella radicata insicurezza che è alla base di
tutte le deformazioni psicologiche (o patologie che dir si voglia) che
affliggono i soggetti disfunzionali.
Il narcisista parla sempre di sé, le sue giornate saranno sicuramente
state più impegnative delle vostre, qualunque cosa proviate a
raccontargli di voi e dei vostri problemi, i suoi verranno sempre prima, in
quanto ben più gravi (ai suoi occhi) e bisognosi di attenzione e
soluzione.
E non provate a criticarli, a sminuirli, o peggio ad accusarli di qualcosa:
apriti cielo!
Negheranno ogni evidenza, ogni addebito, o scaricheranno su di voi
ogni possibile strale per aver solo adombrato l’ipotesi di un loro errore.
E all’origine di questa impermeabilità ai sentimenti e ai bisogni degli
altri, nonché al riconoscimento di responsabilità e “colpa” per le proprie
malefatte, c’è sempre un’infanzia disfunzionale, genitori poco accudenti
(in genere madri) e svalutanti, a loro volta spesso frustrati, che hanno
riversato sui figli l’avvilimento per le proprie sconfitte esistenziali,
costringendoli a fare sempre e solo ciò che ritenevano giusto per loro,
quando invece, il più delle volte, non si trattava altro che della
proiezione dei propri fallimenti, nel tentativo (o nella speranza9 di
essere riscattati dai figli.
Un comportamento estremamente nocivo, soprattutto ove attuato senza
porre minimamente attenzione ai reali bisogni e alle concrete
aspirazioni dei figli, che da adulti, dopo essere stati bambini umiliati
(quando ritenuti incapaci di soddisfare le aspettative genitoriali),
sentiranno la uguale e contraria necessità di rivalersi sugli altri, sul
proprio prossimo, per innalzarsi socialmente ed affettivamente, in modo
malsano, laddove da piccoli si sono sentiti sprofondare nella più buia
disperazione.
credits: www.pierandreapriolo.it