95285 Roma 14 luglio 2014

 

A cura del Dott. Marco Salerno psicologo psicoterapeuta a Roma

 

Le donne afflitte dall’ossessione per il cibo  sono persone sempre disponibili ad aiutare gli altri, vanno incontro a tutte le richieste fatte dalla loro famiglia, sul lavoro, nelle relazioni, pur di mantenere la pace e ricevere un po’ di amore a discapito  del riconoscimento e della soddisfazione dei propri bisogni piu’ intimi. Sono state bambine poco amate, trascurate o manipolate dai genitori, alle cui richieste hanno sempre aderito automaticamente, tanto da non comprendere mai cosa vogliono neanche da adulte. Instaurano relazioni con un partner bisognoso di aiuto, di cui prendersi cura, arrivano ad essere a volte anche sfruttate per la loro disponibilita’ e colmano il senso di vuoto e la frustrazione con il cibo. Non riescono a riconoscere le loro emozioni che sedano con il mangiare prima che vengano a galla, il dolore rimane sepolto e alla rabbia non viene dato il permesso di uscire per paura di ferire le persone  a loro piu’ vicine. Soddisfare le aspettative altrui crea in queste donne una fitta nebbia emotiva che avvolge ogni emozione, tanto da non essere in grado di riconoscere cosa realmente vogliono e chi sono. Arrivano sempre per prime a riconoscere le necessita’ di chi amano tanto che chi sta loro vicino non le conosce realmente. Hanno una identita’ poco definita e a volte frammentata, costituita da parti di se’ e da altre prese in prestito dalle persone di cui soddisfano i bisogni.  Riconoscono che e’ arrivato il momento di cambiare quando arriva quello che la psicologa Renate Gockel definisce “l’ultimo avvertimento”, il momento in cui raggiungono la consapevolezza che le consente di osservare la propria vita e di rendersi conto che e’ necessario invertire la rotta, assumendosene la repsonsabilita’. Gradualmente imparano ad esprimere i loro bisogni, le emozioni  e i pensieri che hanno sempre sedato con il cibo e arrivano a mettere in discussione la vita che avevano condotto fino ad ora per essere sempre piu’ oneste con se stesse.  Il percorso di consapevolezza non e’ facile e indolore poiche’ devono individuare quali sentimenti non  riescono a tollerare e che rimuovono mangiando. Questo comporta accettare i sentimenti e le emozioni sgradevoli per trovare nuove alternative di reagire senza ricorrere piu’ al cibo.

 

La psicologa Renate Cockel identifica dieci fasi che aiutano ad uscire dalla dipendenza e dall’ossessione del cibo riprendendo in mano la propria vita.

 

  1. I problemi non si risolvono in un colpo solo: ogni volta che le aspettative altrui non vengono soddisfatte subentra un forte senso di colpa e di paura di deludere gli altri, anestetizzato con il mangiare compulsivo. E’ importante imparare a non sentirsi responsabili di quello che non e’ in nostro potere e di distinguere le cose che sono di nostra responsabilita’ da altre che non lo sono. Non possiamo prenderci tutte le responsabilita’ ma solo quelle che ci competono e lasciare ad altri le proprie, non dimenticando che possiamo solo influire sulla nostra vita piuttosto che avere la fantasia di risolvere quella altrui.
  2. Non e’ necessario soddisfare ogni aspettativa: Uno dei pensieri piu’ comuni dei bulimici e’ quello di non voler fare soffrire e deludere nessuno, dimenticando che anche loro hanno dei diritti. Essi si trovano a soddisfare in modo automatico aspettative che in realta’ non avrebbero voglia di soddisfare. Il punto e’ capire perche’ si deve soddisfare alcune le aspettative pur non volendo e soffocare con il cibo le emozioni ad esse legate. L’obiettivo da perseguire e’ quello di “imparare a dire di no” e riconoscere i limiti che ci si e’ posti per rispettare i propri sentimenti.
  3. Come prendersi il tempo necessario: le cibo dipendenti hanno sempre fretta di raggiungere i loro obiettivi nel piu’ rapido modo possibile senza tenere conto dei propri sentimenti. Ragionano secondo uno schema perfezionistico “tutto o niente” in base al quale o si raggiunge l’obiettivo o si fallisce. In questa ottica il cibo diventa un tranquillante per calmare la paura di fallire e l’ansia di riuscire. E’ importante imparare a prendersi il tempo necessario per se stessi ed essere soddisfatti del presente.
  4. Non pretendere piu’ di essere perfetti: le donne cibo dipendenti sono dei perfezionisti e hanno paura di non essere all’altezza delle situazioni. Le origini di questa condizione risalgono all’infanzia poiche’ le donne bulimiche sono state bambine indesiderate o avrebbero dovuto essere un maschio per cui non sono mai state amate incondizionatamente ma ricevevano riconoscimento di esistere solo se si adattavano alle richieste genitoriali. Le famiglie di donne bulimiche si caratterizzano per premiare il buon rendimento delle figlie che spesso non hanno una sfera privata. A questo segue una educazione severa ed iperprotettiva e una difficolta’ a risolvere i conflitti.
  5. Sentirsi meglio senza attacchi di fame: chi e’ affetto da attacchi di fame deve chiedersi che cosa ottiene con gli attacchi di fame e la dipendenza da cibo. Imparare a fermarsi mentre si sta mangiando permette di far emergere il sentimento intollerabile che si vuole reprimere con il cibo e di percepirlo in modo piu’ chiaro. Imparare ad esprimere i propri sentimenti e’ l’unica via per liberarsi dal cibo e dalle angosce esistenziali.
  6. Imparare dagli errori: i cibo dipendenti dovrebbero imparare a dare piu’ spazio al gioco e al divertimento, sperimentare cose nuove e affrontare anche quelle che fanno paura, facendone una lista da cui attingere per farne alcune almeno tre volte alla settimana e non evitarle piu’ con il cibo.
  7. Saziare il corpo: questo significa inziare a distinguere quando si ha fame e quando invece si ha solo appetito. Quando si ha fame  si parla di un comportamento alimentare sano poiche’ si mangera’ sentendo lo stimolo della saziata’ e al termine si tralascera’ il cibo per dedicarsi ad altre attivita’. Liberarsi da una alimentazione compulsiva consente  di percepire i propri sentimenti  e anche il dolore o la rabbia che li accompagna per prenderli in mano e decidere di cambiare.
  8. Saziare l’anima: il nostro animo ha bisogno di nutrirsi di esperienze e pensieri positivi per cui e’ auspicabile concedersi qualcsa di piacevole piuttosto che caricarci di attività sgradevoli. Questo puo’ avvenire nel momento in cui si creano piccole oasi di piacere durante la giornata e ci si chiede che cosa spinge ad ingozzarsi. Spesso la causa sono le tensioni, la rabbia noia, vuoto, frustrazione e tristezza. Crearsi una valida alternative all’attacco di fame e’ fondamentale, chiedendosi in che altro modo si puo’ reagire a sensazioni negative.
  9. Cercare meno appoggi: il dilemma alla  base di questa affermazione e’ il conflitto  tra paura di sbagliare e fiducia in se stessi. Quando si ha paura si cercano sicurezze per raggiungere i propri obiettivi pur di non sbagliare. Si puo’ imparare che l’insicurezza ha anche un valore positivo poiche’ concede di sperimentare nuove alternative e di cambiare. La perfezione e’ rigida e statica mentre l’errore permette di modifcare le proprie idee e di raggiungere gli obiettivi basandosi sulle proprie forze.
  10. Agire, avere fiducia ed essere contenti:  imparare ad essere pazienti con se stessi, a non dover far fronte a tutte le aspettive che provengono dall’esterno, a darsi tempo e soprattutto a non pretendere di non essere perfetto. Gli errori sono tappe inevitabili durante il percorso della vita, consentono di sviluppare fiducia in se’ e di essere contenti dei risultati raggiunti di cui si gode nel prensente e non posticipando il piacere nel futuro.
Bibliografia: Renate Gockel, Finalmente liberi dal cibo: Saggi Universale Economica Feltrinelli.