A cura del dott. Marco Salerno
La domanda è semplice: siamo diventati tutti narcisisti o è solo
che il fenomeno è ora più indagato a livello sia scientifico che
della comunicazione tout court e dunque, parlandosene con
maggiore frequenza, si ha l’impressione che di individui affetti
da questo disturbo patologico ne possano spuntare ad ogni
angolo?
Come spesso accade, la verità sta nel mezzo: indubbiamente, a
livello macrosociale, i grandi rivolgimenti storici del secolo
scorso, fra atroci conflitti mondiali e crollo delle grandi ideologie,
hanno fatto venir meno, soprattutto nel cosiddetto mondo
occidentale, la grande fiducia che gli essere umani riponevano
da una parte nella religione e dall’altra nella forza coesiva delle
grandi aggregazioni sociali.
In sostanza, l’affievolirsi progressivo di una visione del mondo
come luogo di interazione delle masse, paradossalmente
accentuatosi con la diffusione ormai globale di internet,
strumento che in teoria dovrebbe aprire l’individuo alla
connessione con ogni altro essere umano sulla terra, e che
invece spesso aumenta il senso di isolamento soggettivo, di
autoreferenzialità, ha ingenerato una progressiva diffusione
dell’individualismo espressivo, inteso come spostamento
dell’attenzione dalla collettività al sé singolo, e del cosiddetto
narcisismo culturale, ovvero dell’estrema cura che ogni
soggetto rivolge alla propria persona.
Chiaramente non è possibile generalizzare, né dire che un
fenomeno quale quello del narcisismo patologico sia un
disturbo che riguarda tutti gli esseri umani, e a cosa dei grandi
cambiamenti epocali che si sono susseguiti negli ultimi sei sette
decenni.
Ma è chiaro che il contesto storico e il progresso tecnologico
hanno fornito il terreno di coltura per la diffusione sempre più
evidente di una certa visione del sé individuale molto diversa da
quella degli uomini e delle donne di un secolo fa.
I narcisisti sono sempre esistiti, le manipolazioni psicologiche
pure, e anzi forse un tempo non poter essere in grado di
comprendere e studiare il fenomeno da un punto di vista
scientifico, con gli strumenti di indagine analitica che sono
propri della psicologia moderna, rendeva il disagio provocato
nelle vittime degli individui che oggi definiremmo tossici ancora
più profondo, poiché non si poteva dargli un nome, una
definizione e dunque anche un rimedio e una soluzione.
D’altronde, la stessa tecnologia alla portata di tutti, come le reti
sociali e internet, permettono ora a molte persone di informarsi
sul fenomeno di cui parliamo in questi nostri articoli, e anche
magari di mettersi in contatto con dei terapeuti che possano
aiutare le vittime degli abusi narcisisti a trovare un valido aiuto.
Un tempo chi viveva una relazione difficile, costretto magari in
casa, prigioniero (o, il più delle volte, prigioniera) di un partner
abusante, non sapeva a chi rivolgersi, non comprendendo forse
nemmeno di essere nelle mani di individui affetti da disturbo
narcisistico della personalità. Si parlava magari di relazione, di
rapporto, di matrimonio difficile e si andava avanti soffrendo e
dibattendosi nell’impossibilità di trovare una via d’uscita.
Si consideri d’altronde anche quanto fino a qualche tempo fa
solo l’abuso fisico fosse considerato grave e sanzionato dal
punto di vista normativo: i cosiddetti maltrattamenti in famiglia
tuttora nel codice penale sono sostanzialmente valutati più nella
loro declinazione fisica che psicologica.
Dunque finora spesso sono mancati gli strumenti per poter
circoscrivere un fenomeno, quale quello del narcisismo
patologico, che non solo è tutt’altro che da sottovalutare, ma
che può veramente distruggere (non solo mentalmente) coloro
che disgraziatamente si trovassero ad esserne vittime.
Parlare di abuso psicologico e di tutte le conseguenze sulle
persone che vengono predate dagli individui abusanti è molto
importante, per poter creare una società più sana sotto molti
punti di vista, per salvarsi da situazioni che a effetto domino
possono coinvolgere molti aspetti della vita concreta e della
catena degli affetti che ognuno di noi crea nel proprio contesto
relazionale.
È importante ricordare che esistono fonti autorevoli come il
Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (noto anche
con la sigla DSM) prendono in considerazione il narcisismo
patologico, dunque non si tratta affatto di una moda
passeggera, di qualcosa di cui ora parlare risulta, come si suol
dire, trendy.
Noti studiosi hanno tracciato un identikit abbastanza preciso del
soggetto che rientra nelle caratteristiche dell’individuo affetto da
questo particolare disturbo della personalità.
Affinché si possa diagnosticare il disturbo narcisistico, il
soggetto in questione deve integrare almeno cinque delle nove
caratteristiche ritenute comuni a tali individui, e che sono:
1. Intensa o abnorme reazione alle critiche che vengono loro
rivolte
2. Sfruttamento del prossimo per il raggiungimento dei propri
scopi ed interessi
3. Esagerata considerazione di sé e della propria importanza
4. Convinzione profonda di essere speciali, unici, e che il resto
del mondo non sia in grado di comprendere tale superiorità
sul resto del mondo
5. Frequenti fantasie di successo senza limiti
6. Convinzione di meritare onori e riconoscimenti
7. Eccessiva pretesa di attenzioni e continua ammirazione
senza riserve
8. Totale assenza di empatia nei confronti del prossimo e dei
bisogni altrui
9. Invidia nei confronti degli altri
Oscillante autostima, sensazione di grandiosità e mancanza di
empatia sono comunque ritenuti dagli studiosi gli elementi
essenziali perché in un individuo si possa riconoscere
l’esistenza di una patologia di carattere narcisistico.
L’attribuire a se stesso un valore assai maggiore di quello reale
chiaramente nasconde, nel soggetto narcisista, una profonda
insicurezza, che nasce in genere durante l’infanzia, a causa di
un rifiuto affettivo (da parte di uno o entrambi i genitori), che
ingenera nel bambino una sfiducia nell’amore e nella reciprocità
relazionale, il che ne farà un adulto insensibile e sempre
terrorizzato dall’idea di essere in qualche modo non accettato
dagli altri.
Tutto ciò lo porterà ad attuare comportamenti estremamente
aggressivi nei confronti di chiunque osi metterne in dubbio la
superiorità, il diritto ad ottenere tutto ciò che vuole o si è
prefissato di ottenere senza alcun riguardo per i bisogni degli
altri.
Ecco perché l’approccio iniziale del narcisista è sempre
apparentemente aperto a soddisfare la preda predestinata, con
esagerate dimostrazioni sentimentali: lo fa esclusivamente per
conquistare e sedurre e trarne i primi benefici
approvvigionamenti al proprio ego, tanto fragile quanto
smisurato.
Ma il ricatto psicologico è dietro l’angolo, così come la
successiva fase della svalutazione e dello scarto del partner,
perché il narcisista nella debolezza che ha creato nella propria
vittima vede, come in uno specchio deformante, la sua stessa
vacuità sentimentale, il suo stesso vuoto profondo, e non può
accettarlo.
È chiaro che, perché si possa parlare di narcisismo “maligno”,
patologico, questi atteggiamenti devono essere costanti nella
vita dell’individuo in esame.
Un po’ di sano narcisismo lo abbiamo sperimentato tutti nella
vita, ma si tratta di quel piccolo massaggio all’ego che ogni
tanto fa anche bene concedersi!
Credits: www.pierandreapriolo.it
Bibliografia: Bibi Hayworth, 7 anni di buio, Amazon
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