7289266_f520

Roma 13 settembre 2016

 

a cura del dott. Marco Salerno psicologo psicoterapeuta a Roma

 

Il dipendente affettivo porta con se’ la problematica affettiva di essere abbandonato e di valere meno di tutti in qualunque contesto si trovi anche in ambito professionale. Sul posto di lavoro il dipendente affettivo e’ super efficiente, una persona modello, arriva prima di tutti, si trattiene a lungo, lavoro in modo infaticabile. Puo’ dare l’impressione che voglia fare carriera e diventare il capo ma quello che lo guida e’ un inconfessabile bisogno d’amore. Cerca di avere conferma attraverso il successo professionale del suo valore, e’ pronto a sacrificare tutto per ricevere una manifestazione di affetto e di approvazione, sul lavoro crede di aver trovato una soluzione all’abbandono, diventando una risorsa modello. Il lavoro diventa la sua unica fonte di valorizzazione,  da cui rischia di diventare dipendente pur di ricevere l’approvazione da colleghi e dai superiori pur di sentire  di contare qualcosa. La vita professionale del dipendente affettivo riempie quel vuoto che sperimenta quotidianamente nella vita personale, dove vive il terrore di perdere tutto e di non riuscire a controllare nulla. I colleghi diventano la famiglia e l’ufficio la casa dove sentirsi protetti, dove se si lavora duramente e si e’ sempre disponibili, arrivera’ un riconoscimento vero.  Basta pero’ un sorriso o una osservazione per insinuare una crepa nella sicurezza conquistata a fatica, lavorando ogni giorno fino allo stremo. Il dipendente affettivo vive un perenne stato di ansia, teme di essere tradito, non compreso e nonostante sia superefficiente lo accompagna una costante paura di perdere il lavoro. A lungo andare la sua dedizione diviene la norma per superiori e colleghi, gli apprezzamenti diminuiscono e si insinua di nuovo la paura della solitudine e dell’abbandono per cui non rimane che fare ancora di piu’ anche a discapito della propria salute.

La dipendenza affettiva in ambito lavorativo si manifesta  sotto forma di comportamenti ossessivi compulsivi attraverso cui il dipendente ricerca ad ogni costo il riconoscimento del proprio valore nei colleghi e nei superiori. Si focalizza continuamente sugli altri ma non conosce i propri limiti, cerca di superarli per provare di esistere e di meritare di essere considerato. In realta’ e’ a se stesso che cerca di provare il suo valore, servendosi degli altri come di uno specchio in cui viene riflesso il suo valore, il suo bisogno di riconoscimento e’ insaziabile mentre la stima dei colleghi e dei superiori e’ limitata, solo quella personale e’ veramente durevole. Sprofonda facilmente nell’insicurezza e nella paura, quando non si sente riconosciuto, rafforzando la sua dipendenza. Pur di non sentirsi abbandonato e non considerato, sviluppa dei comportamenti compulsivi e ossessivi per sfuggire a questo rischio ed evitare l’angoscia emotiva associata. Diventa schiavo del lavoro, ipersensibile a qualunque segnale che potrebbe minacciare la sua sicurezza lavorativa, teme i conflitti e i cambiamenti, arrivando a scusarsi anche quando non e’ necessario. Il dipendente affettivo si caratterizza per la mancanza di contatto con se stesso, non avverte il senso di ingiustizia, la vergogna, il vuoto interiore e la rabbia che sono presenti in lui, non esplode ma implode pur di non manifestare il suo malessere a chi gli sta vicino e pur di non essere giudicato. In realta’ nessuno  conosce intimamente il suo dramma emotivo, sempre disponibile con tutti non si apre ed impone mai, quando crolla non c’e’ nessuno che lo accoglie e lo sostiene. A volte nasconde la sua fragilita’ con l’arroganza e la presunzione, critico e altezzoso in alcuni casi non e’ riuscito a costruire relazioni sincere e reciproche, vivendo in un clima di tensione e di superlavoro continuo.

 

Anche il dipendete affettivo arriva al punto di non farcela piu’ e di crollare dopo essersi intossicato di lavoro e rendersi conto di aver trascurato amici, famiglia, salute, bisogni. Si sente sprofondare nel vuoto quando comprende che il lavoro a cui ha dedicato tutto se stesso non e’ piu’ la fonte di appagamento che immaginava. A questo punto non gli rimane che o fare il punto della sua vita o vivere questa esperienza come l’ennesimo fallimento da cui si sente travolto, incorrendo in una vera e propria depressione.  Per uscire dal vicolo cieco della dipendenza affettiva e’ importante riconoscere il perfezionismo maniacale con cui si svolge il lavoro, che a lungo andare non permette piu’ di godere del piacere di lavorare. Ogni piu’ piccolo errore e’ inaccettabile e mette in crisi la percezione del proprio valore, distorcendo la valutazione della situazione che si trovano a vivere. Il dipendente affettivo mostra una significativa paura del rifiuto e delle delusioni, per cui la crescita verso l’autonomia passa anche attraverso la scoperta di poter stare bene in un ambiente lavorativo, focalizzandosi su quello che davvero costituisce materia di interesse ed indipendentemente dai riconoscimenti ricevuti. Riscoprire il desiderio di imparare, di condividere le conoscenze, di vivere esperienze nuove, ascoltandosi e conoscendosi per liberarsi dal bisogno di conferma del proprio valore dal contesto esterno sono gli obiettivi principali da perseguire. Imparare a lasciare la presa e ad avere fiducia in se stessi avviene attraverso l’ascolto di se’ per crescere e progredire giorno dopo giorno. Le esperienze negative del passato che hanno condizionato le scelte del dipendente affettivo, inducendo a fare proiezioni e ad attribuire importanza alle persone negative della propria vita, vengono riconosciute come appartenenti al passato e non piu’ maschere da sovraporre su chi si incontra nel presente. In questo modo il lavoro puo’ costituire una formidabile occasione di crescita personale a patto che venga scelto in funzione delle proprie aspettative e dei propri bisogni, evitando di adattarsi alle richieste ed aspettative di altri. Questo obiettivo si puo’ conseguire smettendo di compiacere gli altri e concentrandosi sulle proprie priorita’, accettando l’idea di non essere perfetti e sentendosi soddisfatti delle proprie scelte. Il lavoro non sara’ piu’ l’unico ambito in cui affermare se stessi e trovare valore e riconoscimenti ma una delle tante esperienze scelte, un’occasione di crescita  in cui si alternano momenti di stasi e di sviluppo. Alla base di questo processo evolutivo deve esserci la consapevolezza di accettare di stare bene adesso e non rimandando al futuro il momento del proprio benessere, per evitare di attribuire un valore esagerato al lavoro a discapito di altri aspetti della propria vita. Quando la dipendenza affettiva contamina la propria vita lavorativa, si attiva la paura di non piacere, di non avere valore, sia affaccia il timore del rifiuto e dell’abbandono, a cui si accompagnano comportamenti compulsivi mirati a superare ogni limite pur di sentirsi accettati e voluti bene. Affrontare la dipendenza affettiva in ambito professionale significa prendere consapevolezza che i comportamenti perfezionistici, l’eccesso di disponibilita’ e il bisogno di affermazione sono modi utilizzati per sfuggire all’angoscia emotiva che farebbe sprofondare nella paura del rifiuto e dell’abbandono.

 

 Bibliografia:
  1. Marie-Chantal Deetjens, Dire basta alla dipendenza affettiva, Ed. Il punto di Incontro 2009
  2. Ensing Addington, The perfect Power within you, Devorss &Co, 1973
  3. Goleman, Intelligenza Emotiva, Milano Rizzoli, 1996
  4. P.Daniel, La dipendenza affettiva: come riconoscerla e liberarsene, Milano Ed. Paoline 2005.