Roma 6 febbraio 2015
a cura del dott. Marco Salerno
Ci chiediamo mai quanta ansia, delusione e frustrazione assorbiamo da chi ci circonda e da noi stessi? E’ arrivato il momento di decidere se la nostra vita e’ un cassonetto da riempire di malessere o un’occasione unica per esprimere al meglio chi siamo in sintonia con i nostri desideri e i bisogni piu’ profondi. Ogni volta che subiamo l’effetto dell’ira, dell’ansia e della tristezza paghiamo con la nostra salute, con i disturbi che ne conseguono sia sul piano fisico che su quello psicologico. David J. Pollay definisce queste situazioni con il termine “spazzatura emotiva” proprio perche’ ci inquinano e ci distraggono da quello che e’ veramente importante per noi. Quando qualcuno libera su di noi ansie, preoccupazioni, rabbia, attiviamo una difesa personale negativa che consiste nell’ utilizzare abitudini e modalita’ di pensiero autodistruttivi che ci impediscono di vivere la nostra vita e ci distraggono dai nostri obiettivi. Ci sentiamo investiti di un peso che non vogliamo, di una responsabilita’ per azioni ed eventi di cui non siamo protagonisti ma da cui non riusciamo a sottrarci. La “spazzatura emotiva” la produciamo anche noi sotto forma di ricordi negativi che appartengono al passato e che continuano a vivere nel presente nella nostra mente, dipingendo aspettative fosche per il futuro. Sentiamo di subire il passato come se accadesse ora, avvertiamo lo stomaco chiudersi, il respiro accelerare e ridiamo vita a pensieri ed emozioni che proviamo a ripercorrere, cercando di trovare un significato nuovo che mai ci soddisfa fino in fondo. L’effetto e’ che siamo avvitati in una spirale da cui crediamo di non avere via di uscita. Quando questo accade si parla dell’ ”effetto ruminazione” per cui ritorniamo sempre sugli stessi punti ma non cambia mai nulla mentre il senso di impotenza cresce in noi. Rivangare il passato accresce la nostra sofferenza, riviviamo continuamente lo stesso evento come se subissimo di nuovo l’offesa e il dolore originario. David J. Pollay sostiene che quando permettiamo alla spazzatura emotiva di sopraffarci, sperimentiamo una “fatica emotiva” che descrive l’energia e lo sforzo richiesto alle persone per gestire le loro emozioni e tenerle in linea con gli standard dell’ambiente. Questo significa che piu’ tempo ed energia dedichiamo alla nostra e all’altrui spazzatura emotiva meno spazio lasciamo a noi per concentrarci sui nostri desideri e obiettivi perche’ ci distraiamo continuamente rimuginando nel ciclo dei rifiuti. Ma come uscire da questo? L’unica via per uscire dal ciclo dei rifiuti e’ quella di assumersi la responsabilita’ delle proprie azioni: quando qualcuno sta per scaricare le sue scorie emotive su di te non puoi fare altro che scansarti o mettergli un freno, quando invece ti rendi conto che tu stai scaricando i tuoi rifiuti emotivi, fermati. Non sempre cio’ e’ possibile, gli errori si commettono, l’importante e’ riconoscerli e non sprecare energie e tempo su cose negative su cui non hai alcuna influenza piuttosto visualizza le tue mete, cio’ che ti fa stare bene ed investi su queste. David J. Pollay suggerisce di creare nella propria mente una zona che chiama “divieto di scarico”, un modo di essere nel mondo che rappresenta l’impegno a concentrarci su quello che veramente conta per te e di lasciare andare il negativo, ricordando che i pensieri negativi sono una sfera di cui non puoi cambiare il contenuto ma che puoi evitare di alimentare. Questo non significa che non puoi piu’ parlare di te o che devi tenerti tutto dentro ma riconosci la differenza tra “sfogarsi” e “scaricarsi” . Uno sfogo e’ comprensibile, lo sfogo permette a chi ti sta vicino di capire che stai attraversando un momento di difficolta’ e’ un modo per comunicare che stai affrontando delle sfide difficili per te e che avresti bisogno di comprensione. Sfogarsi e’ una richiesta di essere accolti, di poter fidarti di chi ti sta vicino senza sentirti giudicato perche’ stai condividendo le tue preoccupazioni e non scaricando le tue ansie e frustrazioni. Lo scaricarsi invece e’ un atto di oppressione, in cui riversi su chi ti e’ vicino le tue scorie emotive senza chiedere il permesso se l’altro e’ disponibile ma lo utilizzi solo come un contenitore strumentale ai tuoi bisogni. In questo caso non vi e’ comprensione o ascolto, l’altro e’ visto come un cassonetto in cui riversare le proprie paure. La comprensione si basa sulla richiesta del permesso di sfogarti e parlare apertamente senza sentirti giudicato, chiedere il permesso e’ una forma di rispetto per valutare se l’altro ha tempo e voglia di accoglierti. Sfogarsi senza avere controllato l’altrui disponibilità equivale a dire che le tue ansie e paure sono piu’ importanti di quelle del tuo interlocutore, ti comporti come se avessi il diritto di entrare nella vita altrui senza valutare come l’altro si sente, come se i tuoi problemi fossero i piu’ importanti. Inoltre non dimenticare che ogni sfogo ha un tempo di inizio e fine e non puo’ durare per sempre. Quando ti rendi conto che ti stai sfogando troppo, valuta se hai il controllo della situazione o se stai solo evacuando e se ti sfoghi con continuita’ probabilmente stai vivendo un conflitto tra un senso di frustrazione e l’idea di volere fare qualcosa per modificare le cose. Cosa accade invece quando siamo noi l’oggetto della lamentela? Quando chi ci e’ vicino sta scaricando su noi i suoi problemi? David J. Pollay suggerisce, per proteggerci, di seguire le seguenti cinque reazioni alla lamentela:
- Se le lamentele hanno un valore fai in modo che queste persone affrontino i loro problemi
- Se sono momentanee e poco importanti, ridirigi la conversazione su qualcosa di costruttivo
- Se queste persone persistono nelle lamentele, chiedi loro se hanno bisogno di sfogarsi: questa domanda li distogliera’ dal loro vortice di lamentele
- Se le persone tornano a sfogarsi sempre sullo stesso problema rinvia alla fonte la questione
- Se queste persone esercitano una influenza negativa sulla tua vita, spiega loro l’effetto che il lamentarsi ha su di te e che questo comportamento puo’ nuocere al vostro rapporto. Se neanche questo li ferma, allontanati da loro e non credere di poterli cambiare.
Come fare per dimenticare un tradimento perdonando e non piangere Tutto il giorno e pensando la stesa cosa.grazie
Ho vissuto tutti questi spisodi, e mi sono state date precisamente le stesse risposte e gli stessi consigli da neurologo e psicologa che ovviamente ho messo in pratica e mi hanno giovato.ora dopo tante sofferenze emotive e di seguito fisiche dovute a questi episodi ho preso coscienza , e mi sono imposta di reagire ed agire.Grazir a Dio ed ai vostri consigli, va meglio. Grazie per i vostri utili comsigl.
Ricordo perfettamente quanto spazio abbiamo occupato le lamentele lavorative, i giudizi negativi sugli altri, il sentirsi incompresi e ingiustamente poco valutati nel lavoro, nelle relazioni, etc etc nelle ultime fasi del rapporto con un narcisista. Parlava solo lui e occupava tutta la sera sfogandosi e lamentandosi di tutto. Non ne potevo più. Era anche un bel sistema per non parlare di quello di cui non voleva parlare: e che, mi vieni a porre questioni sentimentali mentre io sono messo così? Per fortuna è finita, ora vada a lamentarsi dalle altre.. Io ho di meglio da fare. Liberatevi da questi inutili pesi !