A cura del dott. Marco Salerno
Come finisce una storia tossica con un narcisista patologico? Male, ovviamente. E
benché le premesse ci fossero tutte, purtroppo la vittima non ha potuto o saputo
prevenire la tempesta da cui sarebbe stata investita nel momento in cui l’aguzzino
emotivo ha deciso di farla finita.
Questo accade perché, nella fase iniziale (cosiddetta di “idealizzazione”) il
narcisista l’ha letteralmente subissata di amore (apparente), sotto forma di
incessanti lusinghe, di camaleontiche prove di finta empatia nei confronti delle
sue fragilità, debolezze, paure.
Se il soggetto scelto dal narcisista come partner cade nella trappola del love
bombing è molto, davvero molto, complicato uscirne indenni quando inizierà la
fase di demolizione del rapporto, ma in primis e al contempo, della vittima.
Lo psicopatico, all’inizio della relazione, costruisce con astuta e studiata abilità la
ragnatela amorosa e si adagia tranquillamente nella comoda e ovattata felicità
dell’esaltazione erotica.
Ma in realtà è tutto un inganno, perché a provare una autentica (seppur
inconsapevolmente ingannevole) estasi è solo la vittima, mentre il soggetto
tossico, incapace di provare sentimenti che non siano fittizi, proprio nel momento
in cui si rende evidente quanto il partner sia al settimo cielo inizia a meditare le
successive tattiche di fuga e di abbandono.
Perché non riesce a sopportare la condivisione di un amore romantico, nonché la
visione di un’altra persona che prova sentimenti umani, che in qualche modo gli
mettono davanti, come uno specchio oscuro, tutto il vuoto emotivo della propria
esistenza.
Ecco allora che dà inizio al finale di partita.
Crudele, freddo, impietoso, colui che è affetto da disturbo della personalità (che
sia borderline, istrionico, narcisistico o antisociale) non prova emozioni come gli
altri esseri umani.
Perciò è perfettamente inutile, da parte di chi ha la sfortuna di imbattervisi e di
rimanere vittima dei suoi abusi, chiedersi come possa comportarsi in quel modo.
Non ha senso tentar di misurare un individuo malato mentalmente con i parametri
che applicheremmo a noi stessi.
L’unica salvezza sarebbe, anzi è, la fuga.
Ma, come abbiamo detto, non sempre, anzi quasi mai, la vittima di un narcisista
patologico è in grado di tagliare la corda per tempo.
Quando, di punto in bianco, l’aguzzino lascia la vittima, questa resta del tutto
disorientata.
Sì, è vero, i segnali c’erano stati: il narcisista, stanco dell’amore sinceramente
ricambiato dal partner, incapace di provare altrettanto, inizia a ricambiarlo con
ombrosi silenzi, assenze improvvise e ingiustificate. E, alle prevedibili rimostranze
della propria vittima, risponde risentito, accusandola di essere opprimente,
ossessivamente gelosa, pazza.
Ecco, far passare l’altro per pazzo è uno dei giochetti preferiti del narcisista, utile a
giustificarsi, quando salterà su un altro carro, scegliendo una nuova vittima, per
aver troncato la relazione precedente, nonché per uscirne pulito anche agli occhi
delle persone che formano la cerchia di amicizie dell’ormai ex.
Peraltro, una volta individuata una nuova preda, lo psicopatico fa di tutto affinché
l’ex soffra vedendo che lui (o lei) si è rifatto una vita: servendosi anche dei nuovi
mezzi di comunicazione e delle reti sociali, posta foto e messaggi che possano
urlare ai quattro venti quanto sia felice.
Mentre la vittima precedente si strugge nel tentativo di comprendere cosa mai non
andasse in lei (o in lui), perché mai qualcun altro è stato in grado di soppiantarla,
dando al proprio amore fuggito quel che lei non era stata in grado di offrire.
Ma se solo ci si rendesse conto (il prima possibile) da quale inganno, trappola
emotiva, finzione relazionale, in realtà si è scampati, si capirebbe che non c’è
nulla che non vada in chi è caduto nelle grinfie di un soggetto tossico che, anzi, ha
colpito proprio una personalità “nutriente”, qualcuno cioè che poteva dare, che
aveva delle qualità, e che per ciò stesso, presentava maggiori attrattive agli occhi
di chi prova soddisfazione solo nella prevaricazione dell’altro, insomma una
personalità disturbata alla perenne caccia di scalpi eccellenti da esibire come
trofei nella propria triste, lugubre galleria.
La vittima, oltre a cercare aiuto da un terapeuta o nei gruppi di ascolto, dovrebbe
poi comprendere che, se l’aguzzino ha scelto di lasciarla, nel momento stesso in
cui ha operato questa scelta traumatica, e anche per le modalità in cui l’ha attuata,
paradossalmente è come se avesse riconosciuto le capacità dell’altro.
Il fatto stesso di rivolgersi ad un’altra vittima (perché il narcisista non molla mai un
ramo senza prima averne afferrato un altro) significa che ha trovato qualcun altro
più disposto a farsi manipolare, più remissivo e vulnerabile, probabilmente.
Oppure l’ha fatta finita perché è stato scoperto dal partner mentre lo tradiva,
quindi, pur accusandolo di pedanteria, di ingiustificate paranoiche ossessioni, in
realtà ne sta riconoscendo l’abilità investigativa.
O, ancora, perché non sopporta la felicità del partner che, come dicevamo, è vera,
reale, mentre la sua è solo un’avvilente maschera che lo deforma. La vittima è
umana, prova sentimenti che annoiano, disturbano nel profondo il narcisista, che
in cuor suo forse sa di non valere nulla, ma non può riconoscerlo a se stesso,
dunque è costretto a eliminare dalla propria vita chiunque gli sbatta in faccia,
volente o nolente, il suo vuoto interiore.
Ma la vittima non deve colpevolizzarsi, non deve pensare di essere inferiore a chi
scopre essere il nuovo strumento di piacere di colui o colei che fino a poco tempo
prima l’aveva fatta sentire al centro del mondo.
Piuttosto, si dovrebbe imparare ad avere maggior autostima e soprattutto diffidare
di coloro che si presentano o pretendono di essere le nostre anime gemelle.
Anche perché non si può crescere, migliorare, né tanto meno sfruttare al meglio i
propri talenti umani ed emotivi con qualcuno che desideri essere semplicemente
la nostra replica.