Roma 1 ottobre 2013

A cura del dott. Marco Salerno, psicologo psicoterapeuta umanistico integrato a Roma


Le testimonianze delle violenze sulle donne che spaziano da quelle psicologiche a quelle fisiche per culminare  nel femminicidio vero e proprio, si stanno susseguendo a ritmi serrati in questi mesi e sono indicative di una cultura misogina ancora molto radicata nel nostro paese. Troppe donne vengono profondamente violentate se non uccise da padri, mariti e amanti con cui avevano un legame affettivo. La violenza domestica e’ la prima causa di morte nel mondo per le donne, in Italia, dove non esiste un vero osservatorio nazionale sul femminicidio, i dati allarmanti sono raccolti dalle varie associazioni di donne che denunciano una donna uccisa ogni 3 giorni. La violenza domestica e’ costituita da una serie di strategie messe in atto dal partner per indebolire la propria compagna e per assumerne il totale controllo,  coinvolgendo talvolta anche i figli. Un uomo violento crea un clima di tensione costante, di angoscia che si respira nell’aria, con l’obiettivo di isolare sempre  piu’ la propria vittima attraverso minacce, ricatti, induzione di sensi di colpa e denigrazioni. Questi comportamenti possono emergere in qualunque momento della relazione, all’inizio, quando nasce un figlio o anche dopo molti anni. Gli episodi violenti hanno una frequenza crescente e solo in alcuni casi si esauriscono con la denuncia dell’aggressore.
Le violenze sono sia fisiche che psicologiche. Le violenze fisiche sono costituite da schiaffi, calci, morsi, piegamenti della braccia e capelli strappati, hanno conseguenze gravi e profonde come traumi, disturbi del sonno e psicosomatici, fratture, perdita della vista e dell’udito. Le violenze psicologiche invece mirano a far sentire le donne responsabili per i comportamenti aggressivi del loro compagno, a colpevolizzarle, ricercando dentro di se la causa che abbia potuto scatenare una reazione di rabbia cosi’ forte. Inizia a subentrare  una graduale perdita di fiducia in loro stesse, una perdita dell’autostima e una crescente, depressione, impotenza e ansia per la possibilita’ che tali episodi violenti si possano ripetere. Allo stesso tempo minimizzano il problema fino a nasconderlo Inoltre la violenza perpetuate su una donna che e’ anche madre, produce conseguenze gravissime anche sui figli tra cui perdita del sonno , del peso e dell’alimentazione, ma la ferita piu’ profonda sara’ la totale sfiducia nello sviluppare relazioni intime positive, condannandoli in questo modo alla solitudine. Che caratteristiche hanno le donne, vittime di uomini violenti? Che idea della relazione e dell’amore hanno sviluppato?

Sembra pazzesco ma molte di loro non credono esista una relazione fatta di ascolto, comprensione, accoglienza, amore, dialogo ma danno per scontato che stare con un uomo significhi sottoporsi ad angherie di ogni genere, subire le sue prevaricazioni, giustificando la sua gelosia come una forma di amore nei loro confronti. Di solito non riconoscono la gravita’ della situazione se non quando e’ davvero fuori controllo ed e’ proprio in quel momento che subentra la vergogna per cui
molte donne tendono a celare la violenza subita, credendo di non poter ricevere aiuto. Sviluppano una condizione  di
impotenza che puo’ portare alla depressione, a sentirsi umiliata e senza via di uscita, derisa dal proprio uomo che la fa sentire colpevole e causa della punizione che le infligge. In alcuni casi un partner violento puo’ arrivare a costringere la propria compagna a lasciare il lavoro, facendole perdere anche l’autonomia economica a cui segue poi la perdita della vita sociale e
l’isolamento affettivo.  Le dinamiche di violenza domestica sono trasversali a tutte le fasce sociali e culturali ed e’
fondamentale non sottovalutare o minimizzare i primi segnali di violenza che compaiono all’inizio di un rapporto come il controllare il cellulare, criticare l’abbigliamento, le amicizie, la famiglia e il modo di relazionarsi al mondo esterno. Sfortunatamente alcune vittime provengono da un contesti altrettanto violenti, non hanno mai conosciuto delle alternative affettive e hanno maturato un’immagine negativa di se che le porta a ricercare relazioni che confermino questo modello. Alcune riescono ad avvicinarsi all’idea di denunciare le aggressioni ma giustificano il partner nel momento in cui devono distaccarsi da
lui poiche’ subentra in loro un senso di incapacita’ a vivere da sole, annullate nella percezione delle loro potenzialità. Come riconoscere invece un partner violento?

Il prototipo dell’uomo violento ha una eta’ compresa tra i 25 e i 50 anni, con un discreto lavoro ma con poche relazioni interpersonali, chiuso in se e completamente concentrato sulla propria vittima. Si avvicina alla sua futura partner corteggiandola anche con gesti plateali e facendola sentire unica, indispensabile e artefice della sua felicita’. L’idillio iniziale mostra le prime crepe quando la vittima è diventata completamente dipendente dal partner, e’ proprio in quel momento che inizia ad infierire con una gelosia morbosa spacciata per interessamento affettivo, ingenerando un senso di colpa crescente che la fa sentire causa  del suo cattivo umore e delle sue reazioni. L’uomo violento e’ un manipolatore affettivo che mente sempre e crede di non sbagliare mai, usa un linguaggio fumoso e ambiguo per non farsi comprendere e per mettere in discussione la sua interlocutrice. A volte ricorre all’aggressivita’ passiva che si manifesta con silenzi lunghi a cui seguono critiche dure. Chiede scusa ma poco dopo intensifica la sua violenza, diventando sempre piu’ dominante e annullando ogni volonta’ della vittima. Assume spesso un atteggiamento di derisione e di compatimento,  passa dalle umiliazioni verbali a quelle fisiche, mentre la vittima perde lentamente ogni forza di reagire e smarrisce la sua capacita’ di distinguere quello che sta accadendo. Ha una personalita’ molto debole e insicura, se la sua compagna si imponesse e reagisse gia’ durante le prime liti probabilmente riuscirebbe ad arginare il fenomeno e a liberarsene senza esserne sopraffatta successivamente, mentre piu’ passa il tempo piu’ l’uomo si sente invincibile. Non ammette mai i propri errori e si alimenta del terrore che incute nelle sue vittime di cui
manipola la percezione che hanno di se stesse e la loro dignita’. Scene di vera violenza si scatenano ogni qual volta la sua donna minaccia di lasciarlo, a cui seguono momenti di scuse che durano molto poco poiche’ l’aggressivita’ riemerge
nuovamente o quando e’ in cinta e quindi ogni ribellione diventa piu’ difficile da attuare.
Secondo la psicologa Paola Vinciguerra gli uomini violenti si riconoscono per i seguenti comportamenti aggressivi, persecutori e colpevolizzanti:

1) esplosioni di rabbia anche per situazioni banali

2) controllo continuo dei contatti e degli spostamenti della partner ed esplosione di rabbia se non viene informato

3) atteggiamento critico e denigratorio

4) di fronte ad un rifiuto sessuale si chiude e si offende, sospetta l’esistenza di relazioni parallele

5) adotta comportamenti punitivi quando la vittima non si ricorda qualcosa che lo riguarda. Secondo Walker esistono due regole auree da tenere in considerazione se si vuole evitare di rimanere intrappolati in una relazione violenta: 1)  se un uomo usa violenza anche solo una volta lo potra’ fare anche successivamente 2)  la tolleranza del primo minimo episodio violento legittima l’uomo a perpetuarlo anche in occasioni future imponendo un tipo di relazione violenta alla donna. Il primo passo che una donna, vittima di violenza, deve fare e’ quello di prendere coscienza del problema, evitare di giustificare il proprio partner e avere paura di lui. La violenza sulle donne e’ perseguibile a norma di legge per cui e’ vitale chiedere aiuto, condividere e allargare la propria sfera di relazioni sociali per interrompere questo circolo perverso e soprattutto rivolgersi a centri antiviolenza o case delle donne per ottenere un adeguato sostegno e aiuto.

È  disponibile on line il test ISA (Increasing Self Awareness) che in modo anonimo permette di valutare il grado di violenza della propria relazione:

http://www.sara-cesvis.org/index.php?option=com_content&task=section&id=22&Itemid=145

Bibliografia:
Walker, Lenore E. (1979) The Battered Woman. New York: Harper and Row. Mammoliti, C. (2012) I serial killer dell’anima. Sonda Edizioni Baldry Anna C. (2006) Dai maltrattamenti all’omicidio-La valutazione del rischio di recidiva e dell’uxoricidio. Franco Angeli Spiotta M. (2012) La valutazione del rischio, S.A.R.A. (Spousal Assault Risk Assessment) I.S.A. (Increasing Self Awareness). Conferenza Internazionale contro la violenza di coppia in Europa: stato attuale e prospettive. Firenze 12/11/2012