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Come gestire la fine di una relazione con un narcisista

 

 

Roma 20 gennaio 2022

A  cura del dott. Marco Salerno

La relazione con un narcisista e’molto impegnativa poiché ha grosse difficoltà ad amare  poiché ha difficoltà ad amare se stesso. Non riescono a vedere il proprio partner come una persona autonoma con i propri bisogni ma lo considerano come una persona funzionale alle proprie esigenze e al loro bisogno di attenzione. Quando questo non avviene svalutano il partner o i figli poiché sono completamente incapaci ad identificarsi nell’altro e a considerare i suoi bisogni.  Molte persone sono attratte da un partner narcisista nonostante il dolore che poi infliggeranno loro poiché spesso si presentano come individui affascinanti e disponibili che illusoriamente influenzano la loro autostima. Di solito la preda di un narcisista e’ una persona empatica, sensibile, propensa al sacrificio per gli altri, empatica e poco incline a prendersi cura di sé. A volte sono persone bisognose di una guida, insicure ed incapaci di stare da sole ( e non sole), dipendenti affettive.  Il narcisista invece dopo una fase iniziale di forte ed apparente coinvolgimento iniziano a provare una forte paura dell’abbandono, si sentono vulnerabili pur non mostrandolo, controllano la relazione e reagiscono con il silenzio prolungato dopo un litigio. Le loro relazioni possono essere teatrali ed istrioniche o altre volte silenziose al solo scopo di catturare l’attenzione del partner. I narcisisti si innamorano rapidamente (love bombing) ma perdono tale desiderio in breve tempo attuando prima una critica continua della vittima (svalutazione) per poi  eliminarla dalla loro vita senza tener conto delle conseguenze ( scarto).

Le vittime di un narcisista possono essere individui dalla personalità differente per cui non e’ semplice riconoscere di trovarsi di fronte ad un narcisista. Il segnale più rilevante che aiuta a riconoscere che ci si trova di fronte ad un narcisista e’ il rifiuto assoluto a lasciare che il partner contribuisca a determinare la relazione. L’unico che deve definire e orientare la relazione e’ solo lui, il narcisista. Un altro elemento che aiuta a riconoscere di essere in presenza di un narcisista e’ la sottile e continua manipolazione che attua al fine di isolare la vittima dai propri contatti sociali. Comprendere il ruolo che si ha in una relazione con un narcisista e’ fondamentale per iniziare il processo di decontaminazione e di liberazione. Questo aiuta ad attribuire un ruolo ai due componenti della coppia, a riconoscere le dinamiche comportamentali e i tratti caratteriali che contraddistinguono vittima e carnefice. Riconoscere che il partner narcisista deve alimentare continuamente un senso grandioso e fragile di se’ che cela un profondo senso di inadeguatezza e l’assenza di amore per se stesso. Il passaggio dal sentirsi vittima passiva a persona consapevole di stare in relazione con una persona che sfrutta gli altri si basa sulla necessità di costruire dei limiti fermi ed invalicabili. Solo lo stabilire dei confini chiari, consente di far sapere all’altro il proprio valore. Prendersi del tempo per ritrovare i propri valori, e obiettivi e’ indispensabile per iniziare a fare a meno dell’altro nel processo di rafforzamento della propria autostima. Sei tu l’artefice della tua vita e non puoi mettere nelle mani dell’altro il compito di stabilire il tuo valore. Questo processo aiuta a creare il coraggio che aiuta ad interrompere ogni rapporto con un partner narcisista. Il no contact non ha come obiettivo di colpire il narcisista ma di proteggere chi ha avuto una relazione con lui e di avviare il processo di ricostruzione di sé.

Chiudere  la relazione con un narcisista e’ un processo doloroso e molto faticoso, una vera e propria battaglia con i mulini a vento poiché il narcisista evita ogni confronto ed ogni contatto con le emozioni, e’ sempre pronto a criticare l’altro e a non mettersi mai in discussione.  Quando si decide di lasciare un narcisista si innesca un meccanismo che all’inizio puo’  sembrare difficile da arginare, poiché il narcisista non ama perdere ed essere lasciato ma vuole lasciare. Promette che cambierà  o che  il partner non ce la fa a vivere senza di lui o che non troverà nessuno come lui. Quando finalmente il partner riesce a chiudere ogni contatto con il narcisista e’ bene non farsi convincere dagli ulteriori tentativi che mette in atto per tentare di riconquistare la vittima (manipolazione). Un ultimo problema e’ costituito dai ricordi piacevoli che possono riemergere, generando nostalgia, rimpianto e confusione emotiva. Il ricordo di quando la relazione nella fase iniziale sembrava essere piena d’amore, potrebbero ingenerare confusione ma e’ bene tenere a mente che quei complimenti non erano sinceri ma solo una strategia per adescare il partner. Per non farsi intrappolare dai momenti di nostalgia e’ importante ricordare tutte le offese, le menzogne, i sensi di colpa e le aggressioni subite, le quali non esistono in una relazione sana e reciproca.

 

Bibliografia:

Beck O., Manipolazione affettiva 2.0,

La positivita’ tossica

 

Roma 8 ottobre 2021

A cura del dott.Marco Salerno

 

 

“Andrà tutto bene” e’ la frase più diffusa da quando e’ iniziata la pandemia, la troviamo su cartelli, lenzuola, la ascoltiamo dalle persone che incontriamo pur di sentirci rassicurati e per calmare l’ansia di fronte ad un futuro incerto. Sembra impensabile ma anche una semplice frase come questa può avere una ricaduta negativa sulle persone poiché diventa un obbligo a provare per forza emozioni positive evitando tutto quello che genera una condizione emotiva di difficile tolleranza. Quando siamo costretti ad avere a tutti i costi un pensiero positivo, indipendentemente da quello che proviamo, si parla di positività tossica. Con il termine positività tossica ci si riferisce ad un atteggiamento eccessivamente positivo, che nega ogni emozione non classificabile come positiva. È la convinzione che se ignoriamo le emozioni difficili e  le parti della nostra vita che non funzionano, saremo molto più felici. La positività tossica e’ pericolosa perché e’ uno stato di negazione della realtà e ci costringe a reprimere le nostre autentiche emozioni.

Viviamo immersi in un clima dove l’essere felici e pieni di speranza ad ogni costo e’ un obbligo, basta navigare su social network come facebook ed istagram per rendersi conto del proliferare di personaggi che invitano a vedere tutte le esperienze in chiave positiva, a darsi obiettivi, a superare i propri limiti fino ad affermare che e’ possibile scegliere se vivere emozioni positive o crogiolarsi in quelle definite negative. Insomma non e’ concesso essere tristi, e’ sinonimo di inadeguatezza ed e’ una scelta come se le emozioni fossero prodotti da scegliere sullo scaffale di un supermercato.

In realtà tutte le emozioni hanno un valore e una finalità adattiva, per cui dipende dall’”uso” che ne facciamo, se ci crogioliamo in esso o se, dopo averlo provato, diventa uno strumento per capire meglio noi stessi e per metterci in gioco. Le emozioni ignorate o travestite da un abito di positività diventano disfunzionali, generando una positività tossica che ci confonde  e mina la nostra serenità’. Ogni emozione come la rabbia, il dolore, l’invidia va vissuta ed espressa, bisogna attraversarla perché e’ l’unico modo per non evitarla ed ingigantirla. Scomodando Freud e il suo inconscio, tutto quello che evitiamo e rimuoviamo, rientra nella nostra vita sotto forma di sintomi, per cui non possiamo mai fuggire da noi stessi. Inoltre la positività tossica o toxic positivity, tema approfondito da Stephanie Preston, professoressa di psicologia presso l’università’ del Michingan, e’ una condizione che richiede di essere per forza positivi, alimenta il senso di colpa nell’esprimere le preoccupazioni e le paure, diventando uno stato invalidante poiché  sopprimere il  dolore con dichiarazioni oltre modo felici non è d’aiuto ma  disadattivo.

Al tema di essere positivi a tutti i costi se ne aggiunge un altro molto in voga in questo periodo storico che e’ quello di mostrare di non avere mai o poco tempo libero ed essere sempre indaffarati. Facebook ed istagram sono vetrine in cui le persone pubblicano foto mentre lavorano sorridenti insieme ai colleghi ad orario degni della schiavitù, non a caso e’ stato chiamato in causa Confucio e la sua massima “Scegli il lavoro che ami e non lavorerai mai, neanche per un giorno in tutta la tua vita “.

Lo psicologo Jaime Zuckerman sostiene  che la pressione a essere sempre  produttivi sia una forma di positività tossica come anche il misurarsi con attività nuove o con improbabili sfide fine a se stesse. Zuckerman sostiene che si deve evitare di riempire continuamente la vita di attività nuove, nella vana speranza che ci facciano sentire meglio. Anche in questo caso la fantasia che fare qualcosa di nuovo e sfidante risolva i problemi e ci aiuti ad acquisire fiducia in noi e’ dannosa poiché ci fa scontrare spesso con l’impossibilita’ di raggiungere obiettivi irrealistici.  Zuckerman sostiene che l’evitare il disagio, sostituirlo con fantasie di rinascita o vibrazioni positive e’ dannoso per la salute mentale poiché il dolore va affrontato e non aggirato o rimosso. Piuttosto che essere positivi a tutti i costi e stemperare le emozioni negative, fornendo ricette preconfezionate per raggiungere la felicità,  e’ più indicato ascoltare ed accogliere senza giudizi tutte le emozioni. Se si vuole aiutare sul serio una persona e’ meglio dirle che siamo con lui piuttosto che affermare che andrà tutto bene quando non e’ vero, perché la vicinanza, l’ascolto e l’affetto autentico e’ un dono impagabile che nessuna ricetta può sostituire. E’molto più utile insegnare alle persone ad identificare le emozioni che provano, affrontandole ed elaborandole, piuttosto che sostituirle con la una forzata positività poiché ogni emozione ha valore e deve essere riconosciuta ed espressa.