
Roma 15 aprile 2015
a cura del dott. Marco Salerno
Il disturbo narcisistico di personalità è stato studiato per primo dal Freud che ha individuato nella fase narcisistica la seconda fase dello sviluppo psicosessuale successiva a quella dell’autoerotismo e precedente a quella dell’amore oggettuale. Freud non considera il narcisismo come patologico in sé ma descrive la regressione o fissazione alla fase narcisistica come patologica. La causa di questa regressione o fissazione è dovuta alla presenza di una madre percepita inaffidabile e poco presente nel prendersi cura del figlio, determinando in questi l’idea solo lui potrà prendersi cura di sé stesso. Successivamente anche Otto Kernberg e Heinz Kohut hanno approfondito questo tema. Kerneberg riconduce lo sviluppo del narcisismo patologico alla mancanza di cure da parte di genitori anaffettivi o passivo aggressivi nei confronti dei figli, i quali per difendersi da questa situazione sviluppano una percezione grandiosa di sé. Non è un caso che spesso questo tipo di persone immaginano di avere un talento speciale o che venga riservato loro un futuro esclusivo o di essere superiori agli altri per attutire un mondo familiare anaffettivo.
La conseguenza di questa condizione è una regressione o fissazione allo stadio di narcisismo primario che si caratterizza per una costante grandiosità e ricerca di attenzione altrui. Il cosidetto “sé grandioso” del narcisista secondo Kerneberg è la sintesi degli aspetti idealizzati di sé mentre quelli svalutati vengono proiettati all’esterno per evitare di prendere consapevolezza dei propri aspetti negativi determinando una autostima fragile. Kohut sostiene invece che, se lo sviluppo della libido narcisistica viene portata a termine in modo sano, determinerà la struttura psichica del Sé, mentre quello che viene definito narcisismo patologico è il risultato dalla mancata integrazione tra il proprio sé rudimentale e la restante personalità dovuta alla mancanza di rispecchiamento messo in atto dai genitori. Per Kohut le caratteristiche del narcisista sono una bassa autostima, l’ipocondria, il sentimento di vuoto e morte e prevalenza di un sentimento di vergogna. Nella prospettiva cognitivo comportamentale Beck rileva una serie di pensieri distorti tipici della personalità narcisista che derivano da messaggi diretti ed indiretti dei genitori e di altre figure significative. Il narcisista ha avuto genitori che hanno avuto aspettative alte nei suoi confronti e allo stesso tempo gli rivolgevano critiche feroci che svalutavano le sue emozioni. Secondo il DSM V il disturbo narcisistico di personalità è caratterizzato da un quadro di trasversale grandiosità, fondato sul bisogno di ammirazione e sulla mancanza di empatia che si declinano in almeno 5 delle seguenti caratteristiche:
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Senso grandioso di importanza
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Fantasie illimitate di successo, potere, fascino , bellezza
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Credenza di essere speciale e unico e di poter essere capito solo d altre persone altrettanto speciali
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Continua richiesta di ammirazione
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Credenza che tutto gli sia dovuto e che le sue aspettative devano essere soddisfatte immediatamente
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Sfruttamento degli altri per raggiungere i propri scopi
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Mancanza di empatia
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invidia degli altri o immaginazione che gli altri lo invidino
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Atteggiamenti arroganti e presuntuosi
Nell’articolo “le relazioni tra il disturbo evitante e disturbo narcisistico di personalità” della rivista “Psicoterapeuti in-formazione”, la dottoressa Serena Aquilar ha evidenziato che in aggiunta a queste macro costrutti teorici ci sono alcuni sottotipi di narcisismo che vengono classificati con differenti termini. Masterson distingue tra una forma “gonfiata/esibizionista” (inflated/exhibitionistic) e una “svuotata/ritirata” (closet), secondo cui il narcisista esibizionista avrà una rappresentazione grandiosa di sé e svaluterà chi non manifesta ammirazione nei suoi confronti mentre quello ritirato avrà una rappresentazione di sé sottostimata e vivrà sentimenti cronici di umiliazione e rifiuto. Gabbard individua una tipologia di “narcisista inconsapevole” (oblivious) e il “narcisisita ipervigile” (hypervigilant), il primo non è consapevole delle conseguenze del proprio comportamento sugli altri poiché non se ne cura e vuole essere sempre al centro dell’attenzione mentre il secondo è particolarmente sensibile alle reazioni altrui ed ha paura del rifiuto. Ronningstam individua il “narcisista arrogante” e il “narcisista timido”, entrambi presentano problemi di autostima, il primo la affronta costruendo un senso esagerato di superiorità e crede che tutto gli sia dovuto, inoltre presenta poca empatia e molta invidia, mentre il secondo prova una profonda vergogna per le proprie ambizioni ed evita le relazioni sociali a causa di un eccesso di sensibilità al rifiuto. Millon delinea un “narcisista elitario” e un “narcisista compensatorio”, il primo è convinto di essere superiore e speciale pur non raggiungendo risultati tangibili mentre il secondo è consapevole di un profondo senso di vuoto che cerca di compensare attraverso l’illusione di un senso di superiorità, provando spesso sensazioni di colpa e vergogna. Gli studi empirici più recenti sintetizzano le sopra elencate tipologie nella teoria di Wink che ha identificato due fattori definiti “narcisismo overt” e “narcisismo covert”. Il narcisismo overt si caratterizza per un alto livello di autostima e una bassa tolleranza alle critiche, uno schema di attaccamento sicuro o svalutante, un livello ridotto di ansia nelle relazioni. Inoltre presenta un significativo distacco emozionale e svaluta le relazioni affettive che vengono evitate poiché considerate minacciose per la propria grandiosità. Le caratteristiche principali del narcisismo overt sono il senso di superiorità, atteggiamento sprezzante, ossessione per il successo, bisogno di dominare, mancanza di empatia costruzione di molte relazioni superficiali ed alta fiducia in sé. Il narcisismo covert si distingue per una alta sensibilità alle critiche, per la ruminazione del pensiero e una bassa autostima, uno stile di attaccamento impaurito, caratterizzato da ansia ed evitamento delle relazioni. Inoltre il narcisismo covert presenta un attaccamento ansioso in età adulta, paura del rifiuto e dell’abbandono piuttosto che uno stile di attaccamento evitante, caratterizzato da una tendenza a provare disagio quando le relazioni si fanno emotivamente troppo intime. Spesso il narcisismo covert è associato ad un abuso fisico e sessuale durante l’infanzia o ad un comportamento genitoriale controllante ed invasivo. Il narcisismo covert è caratterizzato da introversione, vulnerabilità, alta sensibilità ai giudizi e alle critiche, svalutazione di sé ed idealizzazione degli altri, scarsa fiducia in sé. In questa forma i sentimenti di grandezza sono presenti ma mascherati da timidezza, modestia e sintomi depressivi. La timidezza che manifestano può essere valutata dall’esterno come empatia ed interesse per l’altro anche se in realtà questa tipologia si distingue per la difficoltà a mantenere relazione di lungo termine e per un atteggiamento ipercritico nei confronti degli altri. Sia la forma overt che covert hanno una serie di elementi in comune tra cui il bisogno di ammirazione, fantasie di grandezza, sfruttamento degli altri, sensazione che tutto sia dovuto, rafforzare la propria autostima attraverso l’ammirazione altrui, tendenza alla manipolazione, arroganza, presunzione, eloquio polemico, trascuratezza dei bisogni degli altri e difficoltà nel controllare gli impulsi. In sintesi entrambe le tipologie si distinguono per la grandiosità anche se la manifestano in modo differenti. La tipologia overt vuole dare di sé una immagine grandiosa e arrogante per nascondere l’insicurezza e i sentimenti depressivi mentre quella covert presenta insicurezza e timidezza per nascondere il nucleo grandioso. Il narcisista overt sperimenta prevalentemente uno stato grandioso, con pensieri di superiorità, autosufficienza e controllo sugli altri, emotivamente è euforico e sente di poter raggiungere qualunque obiettivo mentre nel narcisista covert prevale una condizione di rabbia e vergogna, uno stato depressivo caratterizzato da fallimento e rifiuto e tristezza.
Bibliografia:
Aquilar, S.; Le relazioni tra disturbo evitante e disturbo narcisistico di personalità: specularità, similarità e possibili dimensioni condivise. N.9, 2012, pp. 3-27. Psicoterapeuti in-formazione
Gabbard, G.O. (1989). Two subtypes of narcissistic personality disorder. Bulletin of the Menninger Clinic, 53, 527-532.
Gabbard, G.O. (1994). Cluster B disorders: Narcissistic. In: G.O. Gabbard, Psychodinamic Psychiatry in Clinical Practice, pp. 497-526. Washington, DC: The American Psychiatric Press.
Kernberg, O.F. (1967). Factors in the psychoanalytic therapy of narcissistic patients. Journal of the American Psychoanalytic Association, 18, 51-85.
Kernberg, O. F. (1998). Pathological narcissism and narcissistic personality disorder: Theoretical background and diagnostic classification. In E. Ronningstam (Ed.), Disorders of narcissism: Diagnostic, clinical, and empirical implications (pp. 29−51). Washington DC: American Psychiatric Press.
Kohut, H. (1966). Forms and transformations of narcissism. Journal of the American Psychoanalytic
Association, 14, 243-272.
Miller, J.D., Widiger, T.A., & Campbell, W.K. (2010). Narcissistic Personality Disorder and the DSM-V. Journal of Abnormal Psychology. doi: 10.1037/a0019529
Wink, P. (1991). Two faces of narcissism. Journal of Personality and Social Psychology, 61, 590-597.
Wink, P. (1992). Three narcissism scales for the California Q-set. Journal of Personality Assessment, 58, 51−66.
Dottor Salerno,
ho letto con interesse e partecipazione il suo articolo.
Mi riconosco nel narcisista “covert” ma lo dico con dolore, come lei può immaginare. Trovo somiglianze tra questo disturbo e il disturbo borderline, sotto certi aspetti.
Quello che trovo limitante nella descrizione del tipo narcisista (o borderline) è la sottovalutazione
(quanto mai appropriato usare questo termine da parte di un narcisista!) dell’aspetto morale, che invece è costantemente presente come auto-osservazione e attenzione all’altro, nel senso di avere sempre presente questa mia realtà e cercare di entrare in contatto, di “vedere” l’altro senza paura o ansia sociale. Tutto questo crea spesso un senso di sofferenza e confusione. Io sono un’insegnante, ormai quasi in pensione, e devo dire che il rapporto con i ragazzi è stato ed è per me terapeutico; ho sempre fatto del mio meglio per mettere da parte questa mia parte così pesante e credo di esserci in gran parte riuscita perché quando si sta con loro è impossibile pensare a se stessi e alle proprie paranoie! 🙂
unisco un lato serioso/pesante/ filosofico/speculativo a un lato gioioso/puerile (ma solo se mi sento proprio a mio agio!). Inutile dire che ho avuto un’infanzia emotivamente pesantissima, anche se i miei genitori mi hanno immensamente amata, ma a volte l’amore può diventare aggressivo e viscerale in un caso o … morbido nell’altro.
Ho seguito – e a volte ci ritorno – una psicoterapia transazionale che mi ha messa maggiormente in contatto con me stessa, nel senso che ormai non mi posso più prendere in giro. Ma la psicologa sceglie di non rispondere mai alla mia domanda “sono narcisista-borderline” o l’uno o l’altro dei due? Mi fa capire che comunque “sono in tema”.
Bene mi fermo qui, oggi l’ho trovato per caso questo sito, nel corso di una mia peregrinazione in uno stato mentale di disperante confusione, di frustrazione e senso di impotenza e vergogna. Ora sto meglio. La domanda che le rivolgo sta dunque in quello che le ho scritto: sapere di essere quello che sono mi può portare verso l’uscita? Questo altalenente stato di malessere/pace/confusione/intense percezioni/rifiuto e accettazione può trovare una sintesi armoniosa?
Vorrei dire molto altro ma mi sembra opportuno fermarm qui. Le sarei grata se mi dicesse il suo parere e mi farebbe anche molto piacere condividere con altri la mia esperienza, sentire altre storie.
Grazie dottore.
credo che la dimensione peculiare del narcisista, che accomuna un po’ tutte le teorie, sia il servirsi del prossimo per raggiungere i propri scopi badando bene ad ottenere più di quello che si è investita in termini di coinvolgimento emotivo. Nn si può qui parlare di sentimento, che richiede un’elaborazione meno superficiale.
Per aver chiesto di intervenire in una situazione sgradevole di condominio sono stata interpretata dal responsabile del commissariato come una manipolatrice. Quindi di fronte ai vicini di casa che si interessano della mi avita privata e vanno in giro a calunniarmi non bisogna intervenire. Altrimenti vieni interpretato come manipolatore. Vi risulta una cosa del genere? Se mi vorrete spiegare sarei felice.