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Roma 23 febbraio 2016

 

A cura del dott. Marco Salerno psicologo psicoterapeuta

 

Questo articolo prende spunto da un film attualmente presente nelle sale cinematografiche, dal titolo “Perfetti sconosciuti” di Paolo Genovese. La trama  verte sul senso di estraneita’ che ognuno dei protagonisti nutre nei confronti del proprio partner, coltivando relazioni parallele di cui l’altro non e’ a conoscenza. Ma cosa accade quando si ipotizza l’idea di aprire un varco nella vita segreta di ognuno dei protagonisti? Quali scomode verita’ si scoprono, che conducono a rivedere l’identita’ dell’altro, evidenziando particolari di cui non sospettava neanche l’esistenza? I rapporti si disintegrano, non reggono il peso della menzogna e dell’estraneita’, perche’ognuno ha un’idea del partner che non combacia con quello che realmente e’, perdendosi nella delusione di una verita’ banale quanto dolorosa. L’identita’ di ogni protagonista e’ costituita da multiple identita’, tutte racchiuse e tenute ben separate all’interno del proprio telefono cellulare, una scatola nera che e’ meglio non aprire perche’ quello che si vede e si ascolta, e’ troppo scomodo ed infrange la fantasia che ognuno si e’ creato su chi vuole bene. Lo sconcerto nasce non solo dalla scoperta di altre vite custodite nella scatola digitale ma dal fatto che l’identita’ visibile, familiare e’ una delle tante che ogni personaggio sceglie di mettere in scena.

Il problema evidenziato e’ ben lontano dal vecchio adagio dell’amante, tema caro a tutta la letteratura sin dalle sue origini, poiche’ oggi l’identita’ di ognuno di noi sembra essere determinata dalla visibilita’ che i social media conferiscono. Sui social media e’ possibile aggiungere amici ed eliminarli, controllare le persone con cui avere un legame, immaginare di consolidare i rapporti attraverso una comunicazione per immagini e un voyeurismo continuo per controllare continuamente l’altro. In questo modo le persone si sentono un po’ meglio e meno sole, accolte in una comunita’ dove rifugiarsi quando le relazioni diventano difficili da fronteggiare e la solitudine, la grande minaccia in questi tempi di individualizzazione,  si fa sentire. Le relazioni sembrano semplici: si conosce , si seduce,  e si promette ad una velocita’ supersonica, cavalcando l’entusiasmo e l’immaginazione, incappando con altrettanta velocita’ nella delusione quando il sogno si scontra con la realta’ della vita. A quel punto si rivela la fragilita’ delle relazioni nate nella dimensione virtuale che non sopportano il peso del passaggio dalla virtualita’ alla realta’, per cui e’ piu’ facile eliminare amici o partner con un click senza particolari abilita’ sociali. Z. Bauman sostiene che le abilita’ sociali o relazionali si sviluppano per strada, o sul posto di lavoro, quando si incontrano persone con le quali e’ necessario avere un’interazione ragionevole e non nell’immaginazione del digitale.  Nelle relazioni reali ci si trova di fronte alla difficoltà di coinvolgere gli interlocutori in un dialogo vero, non quello dei social dove si parla solo con chi la pensa nella medesima maniera e chi si discosta dalle proprie idee, viene eliminato. I social media, continua Bauman, non insegnano il dialogo, perché è così facile evitare le polemiche, bloccando un contatto. Molte persone usano i social media non per unire e per ampliare i propri orizzonti, ma piuttosto, per bloccarli in quelle che chiamo zone di comfort, dove l’unico suono che sentono è l’eco della propria voce, tutto quello che vedono sono i riflessi del proprio volto. Le reti sono molto utili, danno servizi molto piacevoli, però sono una trappola” (cit.) I social media influenzano la capacita’ di costruire relazioni, rendono sempre piu’ fragili le persone e meno “socialmente competente”, limitano le capacita’ relazionali e sociali ad una duplice opzione, online e offline (mi vuoi/non mi vuoi: ti piaccio/non ti piaccio), privando gli individui della possibilita’ di esplorare le infinite opzioni che si possono vivere entrando in contatto reale con una persona.

 

Bauman continua la sua analisi sostenendo come e’ anche cambiata la percezione del tempo, le persone sono sempre meno in grado di progettare a medio e a lungo termine, riducendo l’esistenza ad una sequenza di eventi imprevedibili. L’attuale percezione del tempo si riassume nell’espressione ‘il tempo è adesso’, percezione strettamente condizionata dalle nuove tecnologie e dai social media, che hanno inaugurato l’epoca della comunicazione istantanea. Il tratto distintivo dell’era digitale e’ quello di essere sempre connessi, la propria esistenza e’ on line, capovolgendo il reale nel digitale, impoverendo la capacita’ di relazione, di comunicazione e di ascolto, scandito da tempi molto brevi e da contatti immediati e fugaci che si consumano nell’arco di un click, alimentati dall’immaginazione ma timorosi dell’incontro reale. L’esistere oggi dipende dall’essere visti dal maggior numero di persone possibili. “Il peggior incubo della nostra società è l’essere esclusi, abbandonati, trovarsi in una posizione in cui nessuno ha bisogno di noi”. Questo vale anche a livello individuale. Il social networking implica l’esposizione e, di conseguenza, il non avere segreti e il venir meno della privacy (cit.) Il paradosso che si vive nell’era digitale e’ che pur avendo una maggiore possibilita’ di contatti rispetto al passato, questi vengono consumati con rapidita’, dando l’illusione di avere a disposizione un serbatoio infinito di persone con cui entrare in relazione ma con cui attuare sempre il medesimo schema di relazionale , “o mio vuoi ora o non mi vuoi “. In rete si possono conoscere persone con comodita’, come se si scegliesse un paio di scarpe in vetrina, al riparo dal contatto diretto, in compagnia di se’ stessi e della fantasia di come potrebbe essere l’altro, passando da una persona all’altra con poco sforzo e con rapidita’. Il vantaggio della rete è la possibilità di una comunicazione istantanea, ma questa opportunita’ ha delle conseguenze, degli svantaggi non calcolati”, prosegue nella sua analisi il sociologo. “I social media spesso sono una via di fuga dai problemi del nostro mondo off line, una dimensione in cui ci rifugiamo per non affrontare le difficoltà della nostra vita reale”. Un’insidia da cui discende tra l’altro una “fragilizzazione” dei rapporti umani. “Connettersi con altre persone on line è molto semplice, non lo è invece nel mondo reale. In rete ‘l’altro’ è sempre presente, c’è sempre per entrare in contatto con qualcuno. L’effetto inaspettato è che si tratta di connessioni molto fragili, che è facile spezzare: non si hanno bisogno di scuse per interrompere una relazione, basta semplicemente ignorare”(cit.).

 

Bibliografia/ webgrafia

 

  1. Z. Bauman, Danni Collaterali, Ed. Laterza
  2. Z.Bauman, Consumo dunque sono, Ed. Laterza
  3. Z. Bauman La societa’ individualizzata. Come cambia la nostra esperienza, Ed. Il mulino
  4. www.pierandreapriolo.com