Roma 24 marzo 2023

A cura del dott. Marco Salerno

 

Sì, i narcisisti sono fra noi e sono tanti, ma non tutti lo portano scritto in
faccia e soprattutto molti di essi sono abili nel celare la propria natura
predatoria a chi non abbia un minimo di strumenti per farlo o, peggio,
abbia quelle caratteristiche che rappresentano l’ideale terreno di
conquista per questo genere di individui patologici.
E badate bene, il rischio di incontrarne uno (o più) non si corre solo
nell’ambito di una relazione amorosa, ma anche (come abbiamo visto
precedentemente) nella cerchia dei familiari, degli amici, dei colleghi di
lavoro.
Dunque, come fare per evitare, mentre quotidianamente si affrontano le
agitate acque della vita, di finire sugli scogli e frantumare il nostro
spesso fragile naviglio?
Ebbene, intanto sarebbe utile prestare un po’ di attenzione ad alcuni
segnali che provengono dall’esterno (ma anche dalla nostra sensibilità
interiore), che ci dovrebbero mettere in allarme, come fanno appunto gli
avvisi ai naviganti che, pur seguendo rotte note e portolani, possono
non avvedersi di tempeste in arrivo.
Cominciamo dallo sguardo.
Il narcisista ha uno sguardo vuoto e distaccato, se vi guarda non guarda
voi, guarda se stesso.
Lo sguardo è infatti un potente mezzo di connessione psicologica oltre
che fisica, perciò il narcisista evita di scambiarne di realmente empatici
con i propri interlocutori: è a suo modo anche una forma di difesa,
appresa presumibilmente sin dall’infanzia, quando ha iniziato il suo
percorso di devianza patologica.
Il narcisista tipicamente non è interessato a quanto chi gli sta di fronte
cerca di comunicargli, anzi tutto il contrario, a maggior ragione se si
tratta di questioni personali, dunque tende a non far mai concludere una
frase all’interlocutore, a scantonare, a interrompere, a cambiar discorso,
a togliere ogni peso e importanza a ciò che gli viene detto, a non
rispondere mai coerentemente alle domande che gli vengono rivolte.
Ma se uno sguardo deve rivolgere alle proprie vittime, eminentemente
nella fase cosiddetta di scarto, quella finale, della demolizione che

precede la fine del rapporto, quello sguardo sarà più o meno
palesemente predatorio.
E fra loro i narcisisti sono in grado di riconoscersi, come si ritrovassero
in un club di vampiri, anche grazie a questo segnale.
Salvo poi mutarlo, anche in maniera repentina, in situazioni in cui
questo potrebbe in qualche modo denunciarne la natura di aguzzini,
come potrebbe accadere ad esempio in una seduta di terapia di coppia,
di fronte al terapeuta che, grazie alla propria esperienza, sarebbe in
grado di riconoscere con facilità il narcisista già solo appunto dallo
sguardo.
Il narcisista non ha alcuna remora a provocare sofferenza nelle sue
vittime, incurante com’è dei danni psicologici che arreca.
Non essendo in alcun modo empatico, si comporta sempre e solo
secondo la convenienza del momento: può dunque risultare incoerente
ed imprevedibile perché non rispetta assolutamente le regole del gioco
comunemente accettate dai soggetti “sani”, che in tal modo, quando si
imbattono in un narcisista, se non hanno gli strumenti per riconoscerne
in tempo la tossica natura ed allontanarsene prima di subirne la nefasta
influenza, ne restano del tutto spiazzati e spesso incapaci di reagire
prontamente agli abusi da questi perpetrati.
Il concetto di valore morale, di eticità, non è applicabile ai narcisisti.
Spesso costoro si ammantano di ostentate, quasi fanatiche,
manifestazioni di fervore religioso, quando invece intimamente
professano valori di segno del tutto opposto: ciò avviene solo per poter
meglio apparire agli occhi degli altri, della comunità cui appartengono,
di coloro che però non li conoscono intimamente, per essere sempre
considerati degli esempi di bontà e rettitudine, salvo poi rivelarsi spesso
degli autentici mostri nei confronti di coloro i quali, sfortunatamente,
cadono nella loro rete manipolatoria e abusante.
Sono, in buona sostanza, dei sepolcri imbiancati, degli autentici ipocriti,
dei bigotti che se solo si togliessero la maschera, mostrerebbero il volto
ripugnante, specchio della loro interiorità malvagia.
Come, alla fine di quel mirabile romanzo di Choderlos de Laclos, Le
relazioni pericolose, quando in una lettera si racconta di come la perfida
protagonista femminile, la marchesa di Merteuil, finita in disgrazia
sociale ed economica, dopo la rivelazione delle sue malefatte, sia stata
colpita dal vaiolo, ed il commento dell’estensore della missiva è che,
appunto, era come se l’anima le si fosse rivoltata in viso.

Il narcisista molto spesso si circonda anche di persone che non stima,
anzi che ritiene del tutto inferiori, proprio perché più facilmente
manipolabili, e a maggior ragione se possono in qualche maniera
agevolarne l’ascesa sociale, l’affermazione in qualsiasi ambito questi
abbia deciso di agire.
Per il narcisista è importante essere considerato il migliore, un po’ come
a scuola, da ragazzini, contava essere la reginetta o il più ammirato
dalle ragazze (il che assai di rado, anzi si può dire praticamente mai,
toccava a coloro che si distinguevano per bravura nello studio).
Dunque, non conta tanto per lui (o per lei) un apprezzamento sociale
dovuto al carisma guadagnato grazie a reali doti intellettuali, quanto
piuttosto un’affermazione cui siano sottesi valori del tutto superficiali, di
facciata, proprio perché dietro, o meglio dentro, al narcisista patologico,
non c’è nulla di nulla.
Motivo per cui la vittima ideale di questi soggetti sono persone con delle
fragilità, delle insicurezze, la cui autostima possa essere facilmente
minata da un’azione manipolatoria.
A volte anche persone carismatiche, belle e magari anche ammirate,
ma in fondo anche umili, non del tutto sicure di sé (malgrado potrebbero
esserlo tranquillamente), vengono assorbite nella tela di ragno del
narcisista, che anzi proverà ancor maggior soddisfazione nella
conquista di un “trofeo” prestigioso, un impagabile apporto al suo
inesauribile bisogno di riconoscimento sociale.

Credits: www.pierandreapriolo.it

Bibliografia: Bibi Hayworth, 7 anni di buio, Amazon