Daniele

a cura del dott. Marco Salerno psicologo psicoterapeuta a Roma

 

Roma 26 Maggio 2016

 

La paura dell’abbandono e’ una delle cause principale che impedisce ad un dipendete affettivo di mettere fine ad una relazione fortemente sofferente in cui si sente intrappolato ma di cui non riesce a fare  ameno. La paura dell’abbandono origina da esperienze disfunzionali sperimentate nella propria infanzia, durante le quali un bambino e’ trattato non come una persona ma come un oggetto, per cui impara a proprie spese che  per ricevere affetto deve necessariamente adattarsi alle richieste delle figure affettivamente significative. Alla base di questi vissuti vi e’ un processo logico secondo il quale il dipendente non crede di valere mai abbastanza come gli altri ma di dover fare sempre di tutto per fari apprezzare e voler bene. Sperimenta in modo ripetuto relazioni, di coppia, amicizia, lavoro, ecc. in cui rivive continuamente la paura dell’abbandono ma non riesce a costruire relazioni diverse da queste. Desidera con tutte le sue forze una relazione stabile e paritaria ma allo stesso tempo ha paura di viverla poiche’ il timore di sperimentare un nuovo rifiuto lo spinge a scegliere situazioni in cui non rischia di sentirsi abbandonato ma dove deve impegnarsi con tutto se stesso per farsi amare anche da chi non lo vuole. La smisurata paura dell’abbandono si accompagna a una profonda collera repressa e ad una rabbia che non ha mai potuto manifestarsi per una perdita nella propria infanzia, per una persona cara o amata che non c’e’piu’. Il meccanismo che il dipendente affettivo mette in atto per sopravvivere alla paura dell’abbandono e’ quello di cercare in altri cio’ che manca dentro di lui/lei.

Tale meccanismo di compensazione non porta in realta’ alcun vantaggio concreto ma amplifica solamente il senso di vuoto e di abbandono.  Compensare la perdita con una presenza e’ un enorme spreco di energia poiche’ nessuno puo’ sostituire quello che non abbiamo piu’ invece e’ possibile fare esperienza di nuove relazioni e nuovi amori nutrienti rinunciando all’idea irreale di perfezione, per prendere atto che il dolore che sperimentiamo con la perdita non e’ assoluto e perenne ma costituisce una parte della nostra vita. Il ripiegarsi su se stessi conduce ad isolarsi sempre piu’ finche’ nessuno si avvicinera’ privandoci del bisogno legittimo di amore e vicinanza, per paura di provare nuovamente l’abbandono. Privarsi dell’amore per paura di soffrire di nuovo e’ come scegliere di non vivere piu’ relegandosi in una condizione di isolamento emotivo che fa sperimentare ancora maggiore solitudine.  L’angoscia legata alla paura dell’abbandono e’ un sentimento molto profondo che il dipendente affettivo cerca di evitare in ogni modo, sottoponendosi ad a rinunce di ogni tipo e rimanendo all’interno di una relazione che lo fa star male, pur di non vivere quella paura di sentirsi nuovamente solo. Piu’ si cerca di fuggire questo timore piu’ questo continua ad essere presente e a riproporsi finche’ non si decide di viverlo una volta per tutte e guardarlo in faccia. Per liberarsene e’ fondamentale abbandonare la presa e rivedere le credenze sbagliate che hanno accompagnato tutta la propria vita, tra cui la piu’ importante che e’  quella di accettare il rischio implicito che ogni relazione  possa finire. Nessuna relazione tra adulti puo’ caratterizzarsi dalla certezza che  durera’ in eterno, i  partner possono promettersi di impegnarsi a fare di tutto per mantenerla viva ma una relazione non e’ una assicurazione sulla vita che si riscatta, presentera’ sempre un margine di incertezza. L’ansia che possa finire impedisce solo di non vivere cio’ che di bello accompagna ogni momento di vicinanza presente, portando a concentrarsi su quello che potrebbe avvenire ma che non e’ stato. Non si puo’ fermare lo scorrere della vita e delle esperienze ma e’ possibile diventare piu’ tolleranti nei confronti dell’imperfezione e del fatto che non tutte le persone per noi significative ci rimarranno vicino, abbandonando l’idea che potremo perdere da un momento all’altro quello che crediamo essere un nostro diritto, perche’ nonostante le perdite siamo ancora vivi e siamo diventati persone adulte. Gli adulti non hanno  bisogno di una persona che si prenda continuamente cura di loro come avveniva quando erano bambini, ogni adulto e’ in grado di badare a se stesso e puo’ sperimentare la gioia di condividere con un altro adulto la propria vita senza avere il bisogno di un sostegno continuo. Il dipendente affettivo attraversa momenti di disperazione frequenti per paura di perdere gli affetti che ha e spesso si infligge dolori indicibili pur di non vivere quella paura di abbandono che lo accompagna sempre ma non e’ impedendo all’altro di allontanarsi che ci si rassicura sul fatto che non lo abbandonera’ mai poiche’ le persone possono rimanere o andare via mentre ognuno invece ha la certezza di rimanere fedele a se stesso, sopravvivendo ad ogni perdita. E’ possibile essere in ascolto dei propri bisogni, capaci di prendersene cura nonostante gli abbandoni, accogliendo quel bambino che e’ ancora in noi che si arrabbia e piange ogni qual volta richiede di essere amato, siamo responsabili della nostra felicita’. La consapevolezza di prendersi cura di se’ aumenta quanto piu’ si prende coscienza di avere la possibilita’ di agire concretamente sulla propria vita, di aiutare il nostro bambino ferito a risollevarsi senza farsi spaventare dalla paura dell’abbandono, prendendosi l’impegno verso e stessi di non abbandonarlo piu’ come invece hanno fatto le persone che molto tempo prima avrebbero dovuto occuparsene.

 

Il dipendente affettivo non ripone ne’ fiducia in se’ ne’ negli altri a causa di ferite emotive subite nel suo lontano passato, piu’  cresce la fiducia in se’ maggiore sara’ l’opportunita’ di affrontare la vita senza dubitare della propria persona e senza dipendere dagli altri per la propria sopravvivenza emotiva. Non sara’ piu’ necessario ricevere approvazione per le scelte fatte e non aspetteremo piu’  che qualcuno ci accolga e faccia star meglio.  L’acquisire fiducia e’ un processo lungo e complesso per chi non si fida ma non impossibile e avviene aprendosi a esperienze di coppia  costruttive, non seguendo piu’ l’istinto del bambino ferito che cerca di porre rimedio alle sue mancanze passate attraverso la ricerca di esperienze affettive che non hanno piu’ ragione di esprimersi con modalita’ non adulte. Aspettarsi che l’altro comprenda i nostri bisogni senza parlare, che indovini le nostre necessita’ che si faccia carico di ogni aspetto della vita, sono solo fantasie che alimentano la sfiducia. Il primo passo per costruire  una base di fiducia al proprio interno  e’ quello di assumersi la responsabilita’ di scegliere un partner con cui e’ possibile comunicare in modo chiaro e diretto i propri bisogni ed emozioni, quando questo non e’ possibile e si verifica la mancanza di ascolto e’ meglio chiudere ed andare avanti senza aspettarsi cambiamenti miracolosi dall’altro perche’ spesso le persone sono cosi’ come appaiono.

 

Ma come si sviluppa la fiducia in se stessi? Per farlo occorre concedersi quei diritti che non sono mai stati rivendicati, tra cui il diritto di dire no, di esprimere i propri bisogni, di cambiare idea, di sbagliarsi, di arrabbiarsi, tutti diritti che consentono di auto affermare la propria persona. La fiducia in questo modo cresce a forza di provare, di sbagliare e di esprimerci e favorisce la crescita dell’autostima che si consolida quanto piu’ smettiamo di compiacere e di adattarci solo per ricevere un po’ di affetto. Si crea un circolo virtuoso, poiche’ piu’ osiamo e piu’ sviluppiamo fiducia in noi stessi esprimendo le nostre idee tanto meno saremo dipendenti dagli altri. La paura di perdere l’altro si ridurra’ quando’ vedremo che rimane nonostante abbiamo detto cio’ che pensavamo, in questo modo impariamo a condividere e a scoprire le infinite possibilita’ che una relazione affettiva adulta ci puo’ dare.  Per essere liberi affettivamente bisogna circondarsi di esperienze emotive nutrienti e lasciare andare tutte quelle situazioni in cui si insegue qualcuno solo per  avere un po’ di attenzione. Ricentrarsi su se stessi e rimanere in contatto con le proprie sensazioni e’ la bussola che non permette di perdersi, di credere a false promesse ma soprattutto consente di esprimere a parole quello che si sente e di agire in prima persona senza aspettarsi nulla dagli altri prima di conoscerli approfonditamente e non solo per quello che raccontano. Essere vigili, prudenti e prendersi tempo per conoscere qualcuno, riponendo in lui/lei delle aspettative realistiche e verificate, consente di non cadere nel bisogno di controllo e nella paura della perdita perche’ si ha fiducia in se’ e non si ha bisogno di ricevere conferma per comprendere cio’ che si prova, rischiando di mettere in mano le redini della propria vita a persone affettivamente poco raccomandabili o sconosciute.  Avere fiducia in se’ consente di scegliere la propria vita e di rispondere in modo soddisfacente ai bisogni, riconoscendoli in ogni istante dell’esistenza.  Scoprire le proprie capacita’, i talenti, i punti di forza e’ la strada per rafforzare la fiducia e l’autostima di se’ e per riparare quell’immagine incrinata di se’ che si fonda su una auto percezione distorta e negativa.  Per accettare amore e’ importante sapere chi si e’ e quale e’ il proprio valore, solo in questo modo sara’ possibile comprendere perche’ qualcuno nutre amore per noi e riconoscere questo amore in se stessi senza alimentare inutili complessi di inferiorita’. La conoscenza di se’ avviene quando iniziamo a porci  delle domande, e’ la somma di tutti i “mi piace” e “non mi piace”, delle nostre preferenze, dei sogni, dei principi e degli ideali. Da qui in poi si apre la strada per rafforzare l’autostima, per combattere la dipendenza affettiva e solo in questo modo non dimenticheremo piu’ chi siamo e cosa proviamo.

 

Bibliografia:

 

M.C. Deetjens, Dire basta alla dipendenza affettiva, Ed. Il punto d’incontro, 2009

 

Tale, Amare senza soffrire, Ed. il punto d’incontro 2008

 

Foto, www.pierandreapriolo.com