thumb-Resized-YE4PW-ed82d363fd4575ef2ad8e13029756fb3

Giovedi’ 10 dicembre 2011

 

Carissimi Amici, Carissime Amiche, ho spesso affrontato il tema dell’amore non corrisposto, tuttavia, oggi, con Il Dott. Marco Salerno – Psicologo e Psicoterapeuta – esaminiamo una condizione meno “proclamata”, ma di vitale importanza: non saper ricevere amore. La sensazione di sentirsi rifiutati, sia essa constatabile o solo percepita -non fa molta differenza – conduce alla chiusura, alla mancanza di autostima, creando un circolo vizioso che porta l’individuo ad una drammatica conclusione: “non sono amato perché non sono degno di amore”, seguito dall’altrettanto catastrofico pensiero “io non valgo nulla”. Da qui nasce la diffidenza verso chi gli manifesta amore: chi non ama se stesso, ben difficilmente può credere che possano amarlo gli altri. Coerente con tale stato di autosvalutazione, recepire, stupiti ed increduli,  come falsità le amorevoli esternazioni rivoltegli.

Meravigliarsi, sino a considerare addirittura falso, qualcuno che gli esprime amore! L’esperienza di ricevere amore, che dovrebbe portare a scoprire la felicità, può paradossalmente generare un sentimento di disagio. D’altronde é ovvio uno stato di perplessità a fronte di una situazione “sconosciuta”, nota solo per “sentito dire” e, peraltro, citata spesso anche come causa di sofferenza. É pertanto comprensibile che incuta paura. L’aver avvertito/l’avvertire la mancanza di amore, identificando l’amore stesso in un “qualcosa” che fa o può far stare male, induce istintivamente all’allontanamento, come unica, riconosciuta, arma di difesa. Vale a dire “scelgo la solitudine, come equivalente alla somministrazione di un  ‘anestetico affettivo/sentimentale, sino a raggiungere la  “pietrificazione del cuore”,  perché in essa ho individuato quella che reputo la mia zona di comfort”. Purtroppo é una zona di comfort fittizia ed assai dannosa. E i danni non terminano qui. Eh no! Il circolo vizioso prosegue sino, talvolta, a condurre l’individuo all’autolesionismo. Tralasciando proporzioni e relative gravità, oso dire che, più o meno, tutti noi testimoniamo –con assoluta convinzione- di elargire amore a profusione, tuttavia constatandone la  scarsa o nulla corresponsione. A questa diffusa attestazione, seguono lamentevoli disquisizioni esemplificative, soprattutto di carattere valutativo circa l’intensità della manifestazione, tanto che ricorre sempre più l’espressione “elemosinare amore”. Insomma un bilancio perennemente in negativo, tuttavia tacciabile di “falso”. Il “falso in bilancio” é dimostrabile dalla semplice equazione: ad ognuno che ama, deve corrispondere almeno un amato… Invece pare che tutti si proclamino generosi dispensatori di amore, tuttavia incompresi dalle persone insensibili ed ingrate che ricevono amore senza ricambiarlo. Mi sovviene dunque spontanea una domanda ironico/provocatoria, ovvero: “chi ama chi?”. In realtà, salvo malafede, la risposta é insita nella nostra, soggettiva, percezione dell’amore che ci viene donato. Ho precedentemente affrontato il tema della soggettività percettiva in altra sede (vedi rubrica Legge di Attrazione : “Attrarre amore con il metodo delle briciole” e “Riconosciamo ai porci il diritto di rifiutare le perle”), ma é mio desiderio approfondire questo argomento e, a tale proposito, ho intervistato il Dott. Marco Salerno – Psicologo e Psicoterapeuta. Un abbraccio! Daniela Cavallini

 

NON SAPER RICEVERE AMORE – Intervista al Dott. Marco Salerno – Psicologo e Psicoterapeuta – a cura di Daniela Cavallini

 

Daniela Cavallini: Dott. Salerno, innanzitutto grazie per la Sua disponibilità. L’idea di questa mia intervista, nasce da un Suo post, nel quale enfatizza proprio l’incapacità di ricevere amore. Che cosa significa?

 

Dott. Marco Salerno: Grazie a Lei. L’incapacità di ricevere amore può essere spiegata dal fatto che, quando si anela per tanto tempo all’amore, si rischia di associarlo al dolore di non averlo mai avuto in passato. La difficoltà di chi fugge da un coinvolgimento emotivo é da rintracciare nelle relazioni affettive originarie avute con le figure emotivamente significative della propria vita che sono state o assenti o presenti in modo imprevedibile ed alternato. Questo ha generato un modo di intendere i rapporti interpersonali poco solido e chiaro secondo cui, nella migliore delle ipotesi, si costruiscono relazioni fragili mentre nella peggiore si rifugge completamente un rapporto per paura di essere abbandonati nuovamente o perché nel profondo si immagina di non meritare amore e considerazione.

 

Daniela Cavallini: Spesso “misuriamo” l’amore altrui attraverso la valutazione dell’accoglimento riservato alle nostre richieste, quelle che Lei definisce “prove”,talvolta tralasciando quanto esse possano essere estenuanti e, conseguentemente, ad alto rischio di rifiuto. Possiamo considerare tra le cause della percepita mancanza d’amore, la mancanza di empatia? Dott. Marco Salerno: La ricerca delle prove d’amore é una trappola da cui ci si libera solo se si abbandona la fantasia di ricevere certezze sulla durata della relazione per essere rassicurati che ne vale la pena e che non si soffrirà mai. Nessuno può dirci se e quanto una relazione durerà, ogni rapporto presenta la sua percentuale di rischio che si assottiglia quanto piu’ la coppia possiede una progettualità di vita condivisa. Piu’ che di mancanza di empatia parlerei della difficoltà di riconoscere l’eredità affettiva che ci portiamo dietro, poiché questa, se non risolta, ci presenta il conto ogni qual volta abbiamo la possibilità di sperimentare un sentimento d’amore. Le esperienze affettive negative primarie definiscono la nostra identità per cui non é affatto facile riconoscerle e liberarsene poiché sono parte di noi e costituiscono un punto di riferimento nel nostro universo personale. A supporto di questo punto di vista, chi porta dentro di sé una voce autocritica rilevante accoglie con fatica un partner che invece si mostra attento, disponibile ad amare come se qualcosa di positivo che arriva dall’esterno, potesse mettere in crisi la propria identità che non consente di sperimentare pienamente e di godere di un rapporto affettivo.

 

Daniela Cavallini: Se é vero che l’amore genera amore, così com’é altrettanto vero il contrario, é realistico riconoscere nell’angoscia “da mancanza” il percorso che induce alla “pietrificazione” di cui ho parlato nell’introduzione. É congruo parlare di alessitimia? Dott. Marco Salerno: La mancanza di amore di solito innesca meccanismi di difesa o di compensazione per far fronte ad una situazione che soprattutto quando si é bambini é intollerabile. L’alessitimia é una delle difese che un individuo può innescare quando il dolore psichico diventa intollerabile. É intesa come l’incapacità ad esprimere verbalmente o a nominare le proprie emozioni, non distinguendo le une dalle altre. Le cause di questo disturbo possono essere ricondotte a diversi fattori sia di tipo psicologico che neurologico. Secondo McDougall (1982) l’alessitimia é una difesa straordinariamente forte contro il dolore psichico convertito a volte in un disturbo somatico (psicosomatico). Accanto alla casistica degli alessitimici, le ragioni che portano alla “pietrificazione del cuore” o alla difficoltà nel ricevere amore sono da rintracciare nel rapporto che da bambini si ha avuto con gli adulti affettivamente significativi. Il bambino che é cresciuto con l’idea di non essere mai abbastanza per i propri genitori, probabilmente sarà un adulto che ricercherà inconsapevolmente relazioni amicali o di coppia che replicano un rapporto squilibrato, dove si alternano momenti di idealizzazione (ho incontrato la persona dei miei sogni) ad altri in cui si sente mortificato e umiliato. L’adulto emotivamente cristallizzato é stato un bambino che se avesse compreso realmente quanto i suoi genitori sono stati inaffidabili non sarebbe stato piu’ in grado di sopravvivere e avrebbe sviluppato gravi disturbi psichici. Non gli é rimasto altro che prendersi la colpa dell’insoddisfazione che i genitori gli hanno attribuito e fidarsi di loro solo sul piano materiale, maturando l’idea che non é bastato quello che era per ricevere amore, ma l’affetto se lo doveva guadagnare.

 

Daniela Cavallini: Come possiamo comportarci con un familiare o un amico che manifesta questo disagio? Dott. Marco Salerno: Per uscire da questa spirale distruttiva e per curare le proprie ferite, il primo passo da fare é quello di riconoscere il proprio malessere e rendersi conto che non é mai troppo tardi per stare meglio. Di solito quando si prova ad aiutare un familiare o un amico che versa in questa condizione, si riceve come risposta o la negazione del problema, soprattutto dalle personalità piu’ rigide, o che pur essendo consapevoli del fatto di stare male si ha difficoltà ad affrontare la situazione perché troppo difficile, sperando che passi magicamente. É importante ascoltare ma saper anche dosare l’ascolto e la comprensione poiché altrimenti si rischia di alimentare l’autocompatimento di chi manifesta questo disagio. Il passo fondamentale che farà chi vuole affrontare tale malessere é quello di rendersi conto che nonostante gli innumerevoli tentativi per affrontare la situazione ha bisogno di chiedere un aiuto ad un professionista della salute psichica per rintracciare le fila che dirigono la propria vita affettiva ed individuare nuove modalità di relazione in base al riconoscimento dei propri bisogni, interrompendo schemi di comportamento disfunzionali.

 

Daniela Cavallini: Finora ho trattato l’argomento “non saper ricevere amore” , in senso lato. Ora vorrei concentrarlo sulla coppia. Quali sono le caratteristiche comportamentali indicative – rivelatrici – del reale problema manifestato dal partner ? Dott. Marco Salerno: Nella dinamica di coppia, come nella relazione con i genitori, chi non ha ricevuto amore difficilmente lo saprà dare in modo sano per cui o svilupperà una totale diffidenza verso l’altro poiché non si sente una persona amabile, svalutando ogni suo gesto o si sforzerà di soddisfare il partner, pur non sentendosi mai all’altezza. Questa tipologia di adulto, come ho spiegato precedentemente, da bambino si chiedeva perché i genitori non erano mai abbastanza contenti di lui, per cui da adulto si domanderà perché il/la partner non é mai completamente presente nella relazione e lo continui a criticare. La ragione per cui si generano questi disturbi affettivi risiede nel fatto che il bambino al tempo non è stato in grado di attribuire un significato al perché i genitori alternavano momenti di apprezzamento ad altri in cui lo hanno svalutato ma avvertiva solo di non essere mai abbastanza per loro. La difficoltà ad amare lo condurrà da adulto a scegliere partner che non lo faranno sentire mai abbastanza per essere amato e a sforzarsi in ogni modo per farsi amare, a costo di rinunciare a sentire quello di cui ha veramente bisogno. O anche a mettere in dubbio ogni intenzione e manifestazione affettiva del potenziale partner, proiettando su questi le uniche esperienze affettive conosciute, avute nell’infanzia. Tutto questo condurrà alla difficoltà e, in alcuni casi, all’impossibilità di vivere e di godere pienamente di una relazione affettiva.

 

Daniela Cavallini: Come possiamo rapportarci con un partner dal cuore “pietrificato”? Dott. Marco Salerno: Come psicologo e psicoterapeuta prima di chiedermi come rapportarmi ad un partner emotivamente “pietrificato” mi porrei la domanda del perché ho scelto un partner con queste caratteristiche. Instaurare una relazione con una persona che ha significative difficoltà affettivo relazionali, comporta il fatto di rendersi conto che si sta rinunciando a se stessi in funzione del proprio partner, nella speranza che cambi. Di solito nelle relazioni con un partner con questo tipo di problematiche affettive, si crea una spirale di dipendenza affettiva, in cui vige la regola dell’ “io ti salverò” o “ti avrò vicino ad ogni costo” anche se questo comporta il rinunciare ad un rapporto di scambio affettivo adulto e il vivere in una condizione di aridità emotiva. Tra i suggerimenti che do a chi vive un rapporto di tal genere, ci sono l’abbandonare l’idea di relazionarsi al partner attraverso accortezze e strategie, di focalizzarsi sulle proprie emozioni e sul proprio disagio per comprendere consapevolmente cosa spinge a mettersi in gioco in un rapporto disfunzionale. Gli accorgimenti piu’ consoni per affrontare tale situazione sono: abbandonare le fantasie di cambiamento e concentrarsi sul qui e ora, su ciò che sentiamo nel momento in cui ci relazioniamo con il partner e adottare una comunicazione adulta e diretta, con la quale esprimiamo il nostro punto di vista e le nostre emozioni, senza avere paura delle sue reazioni. Abbandonare l’aspettativa di cambiare l’altro, la cui consapevolezza del problema può nascere solo da se stesso, per poi innescare la presa di coscienza del proprio malessere e scegliere di farsi aiutare.

 

Daniela Cavallini: Dott. Salerno, credo che da questa intervista, scaturiranno molte richieste di aiuto e, pertanto, Le chiedo la disponibilità ad intervenire nuovamente. Dott. Marco Salerno: Lo credo anch’io e, nel limite del possibile, sarò disponibile per i prossimi interventi. Daniela Cavallini: Per ora, La ringrazio e pubblico i Suoi dati di riferimento. Dott. Marco Salerno – Psicologo e Psicoterapeuta – Roma dottmarcosalerno@gmail.com ; www.dottmarcosalerno.com ; www.manipolazioneaffettivaroma.it Mobile +39 3474661496 Webgrafia: http://www.lavoce.be/index.php/parlare-d-amore-con-amore/6314-la-condanna-di-non-saper-ricevere-amore-intervista-al-dott-marco-salerno