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Come affrontare la violenza di un narcisista

Roma 13 aprile 2020

A cura del dott. Marco Salerno

 

Chi ha patito violenza da parte di un narcisista ha visto la propria autostima incrinata sia da un punto di vista emotivo sia fisico.  Spesso si nega l’effetto della violenza, credendo che accade a tutti o in ogni famiglia ma non e’ così. Potresti credere che il narcisista sia così  bisognoso di aiuto che giustifichi ogni suo comportamento e ti convinci che sei tu ad avere torto e che devi cambiare.  Negare la realtà può essere una difesa a breve termine per affrontare sentimenti  da cui ti sentiresti altrimenti travolto.  La negazione può proteggerci da realtà non chiare e che abbiamo difficoltà a gestire ma diventa disfunzionale quando le consentiamo di paralizzarci e la usiamo per evitare di  intraprendere azioni appropriare per proteggere noi e la nostra famiglia dal narcisista. La negazione a lungo termine mette in grado chi abusa di perpetuare la violenza nel tempo. Quando ci confrontiamo con la negazione possiamo non  riconoscere il narcisista che abbiamo di fronte perché oltre a giustificarlo all’inizio non e’ sempre facile da riconoscere. Presenta una struttura di personalità disordinata per cui proietta sugli altri la sua colpa, in modo ricorrente rimprovera chi lo circonda dei suoi problemi e viola i confini emozionali, psicologici e fisici.

Le persone che sono state cronicamente accusate da un narcisista e che provano continuamente il senso di colpa, sono tormentate dal dubbio di non avere compreso correttamente la situazione. I narcisisti mettono sempre i propri bisogni prima di quelli altrui e hanno un patologico disordine emotivo che li rende differenti dalle persone psicologicamente sane. Per  chi non e’ mai entrato in contatto con un narcisista, e’ difficile comprendere il suo funzionamento mentale ed emotivo. Il narcisista e’ caratterizzato dall’ipocrisia e dalla contraddizione che sono di difficile comprensione da chi e’ emotivamente stabile e sano ed e’:

  • Profondamente egoista e manca di un sé definito e strutturato.
  • Disconosce le capacità e i risultati raggiunti dagli altro e sopravvaluta i propri.
  • Prova un profondo senso di colpa ma attribuisce agli altri la responsabilità di questa condizione.
  • E’ ipersensibile nei confronti delle critiche e delle offese .
  • Si aspetta sempre di essere giustificato in tutto ma e’ intollerante ed incapace di perdonare.
  • Si aspetta di essere adorato ma tratta gli altri con indifferenza e disprezzo.
  • Pretende lealtà e sostegno ma molto facilmente tradisce ed abbandona.
  • Ricerca il controllo ma accetta poche responsabilità.
  • Si aspetta che gli altri lo aiutino senza che lui lo chieda.
  • E’ irrispettoso ma pretende trattamenti speciali

Empatia e narcisismo: una convivenza impossibile

 

Roma 29 marzo 2020

A cura del dott. Marco Salerno

 

Le caratteristiche del narcisismo patologico si possono sintetizzare nella mancanza di un interesse autentico per il mondo e le persone, per la presenza di stati mentali di vuoto e un generale impoverimento affettivo, una incapacità di stabilire relazioni interpersonali, un egocentrismo smisurato caratterizzato da una eccessiva preoccupazione per il proprio valore e per come si viene considerati dagli altri e un incontenibile bisogno di essere riconosciuti. Pinkus e Lukowitsky (2010) hanno identificato due tipologie di narcisismo, quello grandioso e vulnerabile, ognun dei quali può  declinarsi in una modalita’ overt e covert.

Narcisismo grandioso: prevalgono i sentimenti di superiorità e di disprezzo per gli altri, il comportamento può essere arrogante e prevaricante senza prendere in considerazione gli effetti sugli altri, utilizzati come fonte di ammirazione. Gli aspetti di fragilità sono presenti ma negati in ogni modo e nella maggior parte inconsapevoli.

Narcisismo vulnerabile: prevalgono la vergogna e il senso di umiliazione, l’iperattenzione al giudizio altrui, l’evitamento delle situazioni che potrebbero implicare un giudizio negativo. A questo si aggiunge una falsa umiltà, compiacenza e un artificioso interesse per la vita altrui. La grandiosità e l’invidia vengono nascoste e vissute in fantasie nelle quali l’autoaffermazione narcisistica si trasforma in rivalsa.

Alla base di entrambe le manifestazioni narcisistiche vi e’ l’assenza di un senso di identità stabile e una difficile regolazione dell’autostima che determina nella maggior parte dei narcisisti, fluttuazioni tra aspetti di grandiosità  e di vulnerabilità’. Il DNP non e’ una condizione statica della personalità ma un processo dinamico, attraverso cui l’individuo cerca di regolare in modo disfunzionale l’autostima. Crea un esagerato senso di unicità ed importanza, le strategie utilizzate sono funzionali a perseguire il successo, a ottenere una conferma dell’immagine grandiosa di se’ e ad evitare le disconferme rispetto alle quali il narcisista può reagire con violenza ed aggressività.

Secondo il modello della dinamica narcisistica proposto Morf e Rhodewalt (2001), definito dynamic self regulatory processing model of narcisissism, il narcisista persegue il mantenimento della propria identita’ grandiosa attraverso processi interpersonali ed intrapersonali come se  non riuscisse mai a convincersi realmente del proprio valore, per cui ha un costante bisogno di conferme. Le strategie utilizzate per perseguire questo scopo sono altamente disfunzionali e controproducenti. Tra quelle interpersonali rientrano la svalutazione, tattiche auto incensatorie e il dominare sempre sugli altri. Tali comportamenti in realta’ inducono in chi sta loro vicino, reazioni opposte a quelle auspicate. Tra le strategie intrapersonali si annoverano la costante attribuzione a sé dei successi, il ricondurre all’esterno gli insuccessi che determinano l’instabilità’ dell’autostima e peggiorano le relazioni interpersonali e l’idea che gli altri si fanno su si sé, creando aspettative irrealistiche. Alla base dell’uso di queste strategie, che sortiscono un effetto contrario a quello sperato, vi e’ una profonda incomprensione da parte del narcisista dell’altro e di sé.

Interpretazione dei sogni: simboli e significati onirici

 

 

Roma 16 marzo 2020

A cura del dott. Marco Salerno

Durante gli anni ’90 del secolo scorso, McNaughton et al. (2007) dell’Università dell’Arizona hanno registrato l’attività dei neuroni dell’ippocampo dei ratti, definiti place cells, che si attivavano quando i ratti percorrevano determinati luoghi e hanno rilevato che quando un ratto si muove in un labirinto, tali cellule si attivano ogni volta che esso passa per il punto al quale corrispondono. Secondo questo esperimento,ogni place cell corrisponde solo ad uno specifico luogo e, ogni volta che il ratto cambia percorso, si attiva una nuova sequenza di tali cellule, per cui l’ippocampo è dotato di una sorta di mappa spaziale all’interno della quale i ratti si muovono. Quando questi esplorano uno spazio nuovo, si attivano le stesse cellule nella medesima sequenza di quando il ratto dorme, come se il ratto ripercorresse il medesimo tracciato diurno.

Un processo simile si verifica nell’uomo; P. Maquet (2004), dell’Università di Liegi, ha monitorato con la Pet (tomografia ad emissione di positroni) l’attività cerebrale di alcune persone mentre navigavano nello spazio virtuale di un video gioco. Egli ha notato che la notte successiva, durante la fase del sonno ad onde lente, si sono riattivate le medesime regioni dell’ippocampo che si erano attivate durante l’esplorazione dello spazio virtuale, per cui maggiore era l’attivazione notturna dell’ippocampo, migliore era la navigazione virtuale il giorno seguente.

Born (2007) dell’Università di Lubecca ha fatto giocare alcuni soggetti ad un videogioco di carte, facendo loro odorare un profumo di rosa, somministrato anche la notte successiva, in concomitanza della comparsa delle onde lente. L’odore richiamava il gioco e il mattino dopo la capacità dei soggetti di ricordare le coppie di carte era discretamente migliorata rispetto ai colleghi che non avevano odorato quel profumo. L’esperimento ha voluto dimostrare come il profumo sia uno stimolo capace di attivare l’ippocampo durante il sonno e di influenzare la memoria.

Tali esperimenti spiegano come alcune attività cerebrali, durante il sonno e il sogno, consentano di trasferire e fissare i ricordi dalla memoria a breve termine, che ha sede nell’ippocampo, a quella a lungo termine collocata nella neocorteccia. Born sostiene inoltre che i soggetti che svolgono operazioni matematiche, hanno maggiore probabilità di risolvere un problema se le esercitazioni sono alternate ad una notte di sogni, che aiuta ad individuare ed elaborare connessioni inosservate durante la veglia.

Walker (2011) della Harvard Medical School sostiene che differenti stadi del sogno consolidano differenti tipi di tracce mnestiche: quelle spaziali e quelle dichiarative si consolidano durante il sonno ad onde lente, i ricordi emotivi si fissano durante la fase REM. Durante tale fase, il cervello emotivo e quello che elabora le immagini sono attivi, mentre la corteccia prefrontale, che costituisce la “parte razionale” del cervello, è disattivata.

Le immagini raccontate dei sogni non hanno un significato universalmente condiviso, anche se negli ultimi anni sono nate delle vere e proprie banche dati dei sogni, come quella della University of California a Sant Cruz (2010), nella quale sono registrate decine di migliaia di sogni in diverse lingue. In questo modo si è scoperto che fino a sei anni i sogni sono popolati da immagini statiche e raramente coinvolgono il sognatore in prima persona, e non vi è  differenza nei sogni tra i due generi fino all’adolescenza. Il mondo onirico infantile è accessibile a partire dai tre anni, quando i bambini sono in grado di raccontare i sogni, mentre il mondo onirico dei neonati si può immaginare solo leggendo le espressioni del volto. Vi sono differenze nei contenuti dei sogni collegate non solo all’età ma anche ai generi; secondo Hall e Van de Castle (1969), le vicende delle donne sono ambientante prevalentemente in spazi chiusi, mentre quelle degli uomini all’aperto; gli uomini spesso sono protagonisti di avventure surreali, le donne hanno più incubi con temi angoscianti.

Diversi studi hanno evidenziato che vi sono sogni dal significato universale,che hanno connotato le persone nel corso delle diverse epoche storiche. Per definire un modello simbolico di partenza che sintetizza i contenuti onirici universali, è possibile avvalersi degli studi di Raffaele Menarini, docente presso l’Università Lumsa, il quale ha inserito migliaia di sogni in un sistema informatico, chiamato Serapide, al fine di elaborarne la struttura iconica, la corrispondenza fra le immagini oniriche e la realtà, cercando di individuare i significati che caratterizzano i sogni ricorrenti. La ricerca ha messo in luce le seguenti categorie oniriche:

I narcisisti e la vita di coppia


Roma 9 marzo 2020

A cura del dott. Marco Salerno

Quando incontrate qualcuno che entra nella vostra vita e la devasta senza esitazione, probabilmente avete di fronte non solo un narcisista ma un soggetto (può essere sia uomo sia donna) che presenta una personalità di cui il narcisismo e’ solo un aspetto e si inscrive in un quadro più complesso definito da Delroy Paulhus e Kevin Williams, “Triade oscura”. La triade oscura si caratterizza per essere composta dal narcisismo, dal machiavellismo e dalla psicopatia, dove per machiavellismo si intende la tendenza ad usare la conoscenza degli altri al fine di manipolarli per un proprio tornaconto e arrecando loro un danno fisico o psicologico. La psicopatia invece coincide con la propensione ad aggredire e far del male ad altri senza provare alcun rimorso ne tantomeno vergogna per le conseguenze delle proprie azioni e per la sofferenza provocata. Di solito questi individui sono persone che mentono con estrema facilità, presentano un disturbo antisociale della personalità e un equilibrio emotivo instabile. Sembrano di avere la capacità di comprendere le emozioni altrui ma sono completamente impermeabili a ciò  che gli altri provano perché comprendono solo in modo logico e astratto le emozioni. Chi rientra nella triade oscura e’ una persona che ha un basso livello di empatia e di ansia, ricerca alti livelli di eccitazione uniti ad una marcata tendenza a sopravvalutarsi. L’indifferenza alla sofferenza, il senso di superiorità e la manipolazione della mente altrui. completano il quadro. Questo tipo di persona non ha sviluppato alcune aree cerebrali grazie a cui si attivano quei circuiti che consentono di entrare in risonanza con la sofferenza altrui. Gli studi di Paulhus e Williams hanno dimostrato che gli appartenenti alla triade oscura abbiano fantasie sessuali peculiari, la psicopatia infatti e’ associata ad una marcata pulsione sessuale e a particolari fantasie erotiche di tipo promiscuo, impersonale, sono amanti del feticismo, del sesso tra sconosciuti e del sadomasochismo. Il narcisismo invece e’ associato a fantasie sessuali incentrate sul bisogno di essere ammirato, a volte sono individui freddi, inclini a perseguire la performance, altre volte invece sono individui dalla sessualità coinvolgente per se’ e per la coppia. Il problema con una persona narcisista non e’ tanto il sesso quanto l’affettività’ e la vita emotiva al di fuori della camera da letto dove mostra crepe significative nell’entrare in una relazione reciproca ed empatica.

 

Perché  continuo a sperare che cambi e mi consideri?

Questa e’ la domanda che chi sta in relazione con un narcisista o con chi appartiene alla triade oscura dovrebbe porsi. I narcisisti presentano una compromessa capacità di stabilire e mantenere relazioni intime, all’insegna dell’affetto, del sostegno reciproco e della fedeltà. Per i narcisisti “darsi” in un rapporto affettivo e’ molto difficile anzi spesso impossibile perché secondo loro lo stabilire una relazione affettiva comporterà chiedere aiuto quando si sentiranno vulnerabili o quando avranno il bisogno di un supporto. Quando il narcisista mostra il suo lato fragile, ha paura che l’altro o lo trascuri e si approfitti di lui e delle sue debolezze o se si comporta in modo autonomo, l’altro si mostra debole e lo ricatta con i sensi di colpa. Se invece chiede conferme ed ammirazione, l’altro o lo fa sentire unico o lo rimprovera di non avere fatto abbastanza, per cui il narcisista sente di non valere nulla. In ogni caso da ognuna di queste situazioni ne esce sconfitto, per cui il/la partner di un narcisista ai suoi occhi e’ una persona inaffidabile, sprezzante, critica da cui e’ meglio tenersi lontani adottando  un comportamento di distacco, ed indifferenza o in alternativa coltivare una o più relazioni extra. In ogni caso il raggiungimento dell’intimità’ affettiva e’ un obiettivo che il narcisista difficilmente riesce a conseguire, poiché sente il/la partner come un peso, un essere problematico che non lo comprende abbastanza e lo costringe a vivere in un modo insopportabile, per cui l’unica via di uscita e’ la fuga o il tradimento. A completamento del quadro si aggiunge un tratto distintivo che e’ la difficoltà nel descrivere i propri stati emotivi e le emozioni all’interno di una relazione. Parla spesso di passione, amore ma non riesce ad distinguere a comunicare le gradazioni emotive degli stati d’animo propri ed altrui ad eccezione della rabbia che avverte in modo chiaro e travolgente.

Come capiamo se la persona a noi vicina e’ un narcisista? Il narcisismo la malattia del XXI secolo

 

Roma 25 febbraio 2020

A cura del dott. Marco Salerno psicologo psicoterapeuta

 

Il narcisista si riconosce facilmente perché cerca continuamente attenzione e consenso, e’ permaloso, non gode mai di quello che ha realizzato, non e’ in grado di far auto ironia e di non prendersi troppo sul serio.  Sperimenta  una esperienza di vuoto, di fragilità, di assenza di senso, noia, ed inconsistenza, e’ una persona schiacciata da un forte giudizio interiore da cui si sente svalutato in ogni momento.

Come e’ possibile capire se la persona a noi vicina e’ narcisista?

Basta osservarne il comportamento e i seguenti stati d’animo:

  • Rabbia: una costante rabbia che a tratti esplode riconducibile ad irritabilità permanente’, continui tentativi di realizzare l’impossibile e la costante sensazione che siano gli altri ad impedirlo. La rabbia protegge il narcisista da chi cerca di minare la sua fiducia, spesso vorrebbe liberarsi da quel legame doloroso che la alimenta. Il narcisista per tenere sotto controllo la sua vittima inoltre usa l’arma del disprezzo che ha la funzione di attutire la rabbia. Non e’ capace di godere dei propri successi, li sfiora e se ne compiace ma il tutto svanisce rapidamente poiché il suo senso di superiorità e’ solamente determinato al modo con cui viene guardato dagli altri. Rileva ogni errore che nota in chi gli sta vicino e grazie alla strategia del disprezzo si protegge dal suo senso di fragilità.
  • Vuoto: il narcisista ha la percezione continua che la vita non abbia alcun senso, si caratterizza per l’incapacità di godersi la vita e per un profondo senso di vuoto che nel tempo porta all’isolamento. Il vuoto e’ l’unico spazio in cui la vulnerabilità e’ attenuata, la consapevolezza di non far parte della vita, di essere spettatore. Il punto centrale del disturbo narcisistico e’ la passività e l’immobilismo, la  totale assenza di sentire qualunque desiderio o passione che guida per il conseguimento di un obiettivo
  • Il senso di superiorità: lo provano per breve tempo sotto forma di disprezzo per chi li circonda.
  • L’esperienza dell’abisso: una sensazione mista di angoscia, paura, vergogna e la paura di essere scoperto per come e’ realmente. Il narcisista si protegge da queste sensazioni ricorrendo a strategie ben distinte. La prima e’ quella di cimentarsi in azioni mirabolanti, spesso e’ una persona di successo, immagina una vita grandiosa ma coltiva il risentimento incolpando il mondo per le occasioni mancate e manifesta improvvisi scatti di ira quando qualcuno mette in discussione le sue idee. La paura e la vergogna emergono saltuariamente nella psiche del narcisista ma difficilmente ne parla e le sente fino in fondo. Paura e vergogna sono strettamente connesse poiché chi ha paura e’ vulnerabile e debole e il destino dei deboli e’ il disprezzo che per il narcisista equivale alla morte
  • Il senso di colpa altruistico: una profonda e strisciante sensazione che per vivere la propria vita ha dovuto deprivare qualcun altro e arrecargli dolore. Spesso il narcisista e’ cresciuto circondato da una famiglia insofferente ad ogni tentativo di autonomia e di indipendenza. Questo sentimento accompagna in ogni momento la sua vita, ogni volta che lo sente, reagisce violentemente, in modo cinico ed insensibile. In realtà questa strategia e’ l’unico modo che conosce per affrontare il ricatto affettivo ma appena vede che l’altro soffre, si sente in colpa e pensa che deve rinunciare a se stesso per farlo stare meglio. L’arroganza del narcisista in parte nasce dal bisogno di vivere e di prendere tutto per proteggersi da chi immagina possa privarlo di esistere.
  • Il senso di appartenere ad una ristretta cerchia di persone uniche e scelte.

Come riconoscere un narcisista al primo incontro: tipologie e stili relazionali

 

Roma 1 ottobre 2019

a cura del dott. Marco Salerno psicologo psicoterapeuta

 

Il narcisista e’ una persona sempre  in cerca di qualcosa pur non avendo chiaro cosa e non  riuscendo mai a soddisfare la profonda insoddisfazione che accompagna tutta la sua vita.  Anche quello che appare piu’ sicuro, prova un profondo senso di insicurezza riguardo alla propria capacità di amare e di essere amato, desideroso di essere sempre ammirato, di colpire il proprio interlocutore che viene idealizzato finché non dirà o farà  qualcosa da cui si sentirà  umiliati. La vita del narcisista e’ all’insegna di continue oscillazioni tra il sentirsi unico e la paura di essere umiliato

Non esiste una unica tipologia di narcisista, alcuni appaiono molto sicuri grazie ad una corazza che li protegge dalla sofferenza per il proprio vuoto e per l’impossibilita’ di ottenere la risposta che desiderano da chi li circonda mentre altri provano un dolore costante, si sentono sempre al centro delle critiche altrui da cui difendersi.

Per comprendere meglio le tipologie di narcisista ci si può rifare alla casistica di Herbert Rosenfeld (1987) che ha fatto una distinzione fra narcisisti dalla pelle sottile e dalla pelle dura. Il primo e’ un individuo vulnerabile, il quale vede sempre nelle parole degli altri un motivo di offesa, si caratterizza per forti esplosioni emotive quando viene toccato un tema sensibile. Il secondo invece si distingue  per la grandiosità, e’ impermeabile a quello che accade nelle relazioni con gli altri, considera le persone che lo circondano un potenziale pubblico da cui essere ammirato e può avere un crollo in seguito a delusioni, a un rifiuto o all’avanzare dell’età’. Entrambe le categorie hanno una scarsa percezione del modo in cui vengono considerate dagli altri. Russ e colleghi (2008) hanno utilizzato il test SWAP-II per definire i tratti tipici del disturbo narcisistico di personalita’, individuando tre sottotipi:

  • Il narcisista grandioso/maligno o inconsapevole: si caratterizza per una visione di sé come un individuo importante, senza alcun rimorso, ha una tendenza alla manipolazione interpersonale, prova rabbia e ricerca il potere nelle relazioni, al fine di sopraffare l’altro.
  • Il narcisista fragile o vulnerabile: tiene a bada il proprio senso di inadeguatezza adottando un atteggiamento di grandiosità a scopo difensivo, non si sente mai all’altezza delle situazioni, prova stati affettivi negativi e solitudine. Questo tipologia di narcisista si caratterizza per una oscillazione tra questi due stati a cui corrispondono anche rappresentazioni di sé contraddittorie.
  • Il narcisista ad alto livello di funzionamento : ha un senso esagerato della propria importanza, ha un atteggiamento estroverso e convincente che spesso lo guida verso il successo poiché orientato al risultato e alla relazioni interpersonali impostate in chiave funzionale e al raggiungimento del proprio tornaconto.

 

 

Come liberarsi da un narcisista: 13 stili relazionali per riconoscerlo definitivamente

 

 

Chi incontra un narcisista sul proprio cammino si chiede se non soffre della propria condizione, se si rende conto di fare del male ai propri familiari, amici o partner. La risposta e’: NO! Il narcisista ha bisogno di piacere, di ricevere conferme, di essere desiderato e non considera le conseguenze delle sue azioni su chi gli sta vicino.

Il narcisista si rende conto di esserlo? Si rende conto del proprio comportamento?

Il narcisista non si rende conto di provocare dolore e danni dove passa perche’ la sua capacità di amare e’ poco matura e compromessa. Il problema principale per  un narcisista patologico e’ la capacità di amare e di mantenere del tempo una relazione di amore. Lo scenario che più frequentemente si presenta e’ quello di una intensa e coinvolgente infatuazione e di una rapida rottura quando il partner gli fa notare gli inevitabili problemi a cui segue poi uno strascico di critiche e delusioni, accompagnate da rabbia, silenzi e svalutazioni. Questo avviene perché il narcisista e’più’ attratto dalla “luna di miele” ma non dal matrimonio, dal desiderio di piacere, di sedurre, di vedere l’altro che lo vuole con tutto se stesso. Gli interessano le conferme e l’adorazione di un partner che si presta ad una facile idealizzazione e che lo mette al centro del proprio mondo.   Il narcisista si sottopone ad un continuo sforzo per entrare in relazione con l’altro ma si scontra con ripetuti fallimenti poiché non e’ in grado di considerare una persona come un individuo con bisogni a sé stanti ma solo come un mezzo per ricevere conferme del proprio valore, un collante della sua fragile personalità che manipola più o meno consapevolmente chi lo circonda per ricercare disperatamente approvazione.

Come si riconosce un narcisista?

Ogrodniczuk e Kealey (2013) sostengono che “gli individui narcisisti non sono necessariamente identificati dal modo in cui si sentono ma da come fanno sentire gli altri”. Il narcisista pur ricercando approvazione e conferma dall’altro, paradossalmente lo allontana, vanificando la speranza di ottenere la risposta (conferma) di cui ha bisogno.  Il narcisista mostra uno spiccato senso di vanità e di futilità emotiva perché non e’ in grado di controllare il proprio comportamento e di conseguenza le risposte di chi lo circonda, di cui invece ha disperatamente bisogno per stabilizzare la fragile considerazione di sé.  Tutte le configurazioni caratteriologiche narcisistiche hanno in comune la difficoltà di autoregolazione delle emozioni e una esigua autostima che determina significative fluttuazioni tra lo stato vulnerabile e lo stato grandioso della loro personalità.

Non essere considerati: le persone ad empatia zero

 

 

Chi di noi non si e’ sentito una volta trattato come un oggetto e si e’ posto domande come “Questa persona si e’ resa conto di cosa mi ha detto?”, oppure, “Cosa gli ho fatto io per meritare questo atteggiamento?”. Dietro a tali domande vi e’ la terribile sensazione di non sentirsi “visti” e considerati in alcun modo, di essere trasparenti qualunque cosa si dica o si faccia, insomma di non esistere per l’altro.  Il processo che e’ alla base di questa sensazione e’ quello di essere trasformati da persone in oggetti a causa di  un meccanismo definito “erosione empatica” che e’ presente in coloro che sono portatori di vendetta, di rabbia incontenibile, di odio, di un vero e proprio desiderio di fare del male all’altro o nella migliore delle ipotesi di considerare una persona solo un mezzo per soddisfare i propri bisogni.  Gli individui che rientrano in questa categoria possono essere  definite come persone con “empatia spenta o zero”, sintonizzate esclusivamente sulla “modalità io” che li spinge a rapportarsi ad altri come se fossero cose e non essere viventi con un’anima e sentimenti.

Ma cos’e’ l’empatia?

Secondo lo psichiatra Simon Baron Cohen una persona si può definire empatica  quando smette di focalizzare la propria attenzione in modo univoco (single minded) per adottare invece un tipo di attenzione doppia che comprende anche l’altro  (double minded). Focalizzare l’attenzione in modo univoco significa prestare attenzione solo alla propria mente, idee, bisogni e percezioni: mentre avere un’attenzione doppia significa tenere presente allo stesso tempo anche l’altro. L’empatia e’ la capacità di identificare ciò che qualcun  altro sta pensando o provando e di rispondere a questi pensieri e sentimenti con un’emozione corrispondente e appropriata.

Baron Cohen ha individuato sette livelli di empatia da 0 a 6.

  1. Livello 0: una persona non ha alcuna empatia, non prova alcun rimorso e non si rende conto delle conseguenze delle sue azioni verso gli altri; può arrivare ad essere a volte violenta e persino a commettere crimini.
  2. Livello 1: può ferire gli altri ma e’ in grado di riflettere e di provare rammarico per cosa ha fatto anche se non riesce a fermarsi e porvi rimedio.
  3. Livello 2: possiede un barlume di empatia che le consente di immaginare come si sentirebbe l’altro per una sua azione.
  4. Livello 3: consapevole di avere difficoltà con l’empatia, può mascherarla o compensarla.
  5. Livello 4: un livello di empatia medio basso, spesso attenuata, non influenza il comportamento quotidiano; la persona si sente a suo agio quando le conversazioni non riguardano le emozioni.
  6. Livello 5: ha una empatia leggermente al di sopra della media, e’ spesso più concentrata su gli altri che su se stessa.
  7. Livello 6: ha notevole empatia, e’ continuamente focalizzata sui sentimenti altrui e vuole essere sempre di conforto.

Soffermiamoci ora sulla persona con il grado zero di empatia

Infedeltà e relazioni extraconiugali

Roma 16 febbraio 2019

A cura del dott. Marco Salerno

Il tema dell’infedeltà’ costituisce da sempre un terreno di confronto e di scontro per una coppia, attivando dinamiche emotive  che affondano le loro radici sia in cause biologiche sia psicologiche. Secondo Attili (2000) negli uomini e nelle donne potrebbe esserci una naturale propensione all’infedeltà’ poiché le scelte del partner sono riconducibili al complesso coadattato secondo cui le donne scelgono gli uomini alti, più anziani e con uno status socio economico che possa garantire a loro e alla prole il sostegno necessario affinché possano prendersi più a lungo cura dei loro figli. Gli uomini invece tendono a scegliere partner più giovani poiché la giovane età è garanzia di salute e di un buon patrimonio genetico e di un maggiore potenziale riproduttivo. Nonostante i maschi tendano ad avere più relazioni, mantengono un rapporto monogamico nel quale investire risorse e cure al fine di assicurare protezione e sopravvivenza alla propria discendenza. Il minore investimento da parte dei maschi in una relazione affettiva stabile può essere ricondotto al concetto espresso dal detto latino mater semper certa est, pater numquam (la madre è sempre certa, il padre mai). La motivazione biologica dell’infedeltà’ maschile è riconducibile alla strategia riproduttiva per propagare il proprio patrimonio genetico secondo cui diffondere i propri geni a basso costo anche in altre relazioni differenti da quella ufficiale. Allo stesso modo nella specie umana il successo riproduttivo femminile è assicurato non solo dalla scelta di uomini che hanno una posizione economicamente stabile ma anche dall’avere legami alternativi con altri a cui far credere di essere padri dei propri figli e quindi garantirsi un nuovo compagno nel caso in cui si perda il proprio. Secondo Baker (1996) per una donna potrebbe essere utile farsi fecondare di nascosto da un maschio portatore di geni migliori di quelli del proprio partner, poiché il compagno stabile potrebbe essere stato scelto per assicurare risorse economiche piuttosto che un buon patrimonio genetico. L’autore sostiene che una percentuale compresa tra il 10% e il 30%  di bambini nate da coppie stabili sia da attribuire a un tradimento da parte della donna.  Trevis (1972) spiega come la gelosia maschile sia legata alla possibilità che la propria partner abbia altri legami sessuali, per cui comporterebbe il rischio di allevare i figli di altri maschi mentre la gelosia femminile è legata all’idea che il proprio partner abbia un altro legame affettivo che implicherebbe lo spostamento di risorse su un’altra donna e su i suoi figli.

Da un punto di osservazione psicoanalitico il tradimento affonda le sue radici nell’insicurezza poiché per un uomo constatare il buon funzionamento del proprio pene è di per sé una soddisfazione, per cui il tradimento maschile può essere spiegato, al di là delle tendenze biologiche, come conferma dell’insicurezza  sul corretto funzionamento del proprio sesso. Inoltre i maschi tendono a confrontarsi con il padre che idealizzano come esempio di potenza sessuale rispetto alle femmine che si concentrano sulle capacità generative e sul bisogno di sicurezza e stabilità.  Lingiardi e Madeddu (1994) evidenziano che se i partner non sono sereni ed appagati individualmente, tendono ad attribuire la crisi del rapporto all’altro piuttosto che a se stessi, dimostrando di non essere capaci di assumersi la responsabilità delle proprie scelte ma di sentirsi vittime. Da un punto di vista psicoanalitico il tradimento può essere considerato una compulsione generato dai seguenti fattori:

Dal conflitto irrisolto alla crisi di coppia: fattori che determinano la fine di una relazione

Roma 23 gennaio 2019

 

A cura del dott. Marco Salerno psicologo psicoterapeuta

 

Ogni coppia durante il proprio ciclo di vita si confronta con momenti di crisi che riesce ad affrontare efficacemente se nel tempo ha sviluppato un insieme di strumenti che garantiscono un alto livello di qualità del rapporto. Alcuni autori (Snyder 1979, Beach e O’Leary 1985) identificano la qualità della relazione come il risultato della combinazione di comunicazione, accordo, percezione di supporto, gestione del conflitto, altri (Fincham e Bradbury 1987, Huston, Michale e Crouter, 1986)  ritengono che sia riconducibile a una valutazione globale negativa o positiva dell’unione. Infine gli studi più recenti identificano il benessere della coppia non come due opposti che si contrappongono (felicità e infelicità coniugale) ma concepiscono la qualità di una relazione come un costrutto formato da dimensioni positive e negative indipendenti piuttosto che in relazione ad una singola dimensione bipolare, positiva e negativa (Weiss e Heyman, 1997).

Le valutazioni che i partner possono esprimere riguardo alla via di coppia sono:

  • Valutazioni positive se sono coppie soddisfatte.
  • Valutazioni sia poco positive sia poco negative se sono coppie indifferenti.
  • Valutazioni molto positive e molto negative se sono coppie ambivalenti.
  • Valutazioni negative se sono coppie insoddisfatte.

Recenti ricerche hanno preso in considerazione non solo la qualità della relazione ma anche la stabilità, intesa come impegno e il rapporto tra queste due variabili. Per cui se aumenta la qualità, migliora anche la stabilità ma non è detto che al contrario possa valere lo stesso principio poiché alcune relazioni, pur essendo stabili, sono caratterizzate da elevati livelli di conflitto e bassi livelli di soddisfazione. Un alto grado d’impegno reciproco o commitment consente di superare il conflitto e di migliorare il rapporto. Qualità e stabilità sono i fattori di base su cui s’innestano una serie di elementi che possono favorire lo sviluppo e il mantenimento delle relazioni o esporla a rischio di rottura. Tra questi, secondo Cigoli e Sabatini (2000), si annoverano:

  • Fattori cognitivi e affettivi: le credenze sulla coppia, l’idealizzazione reciproca, lo stile di attaccamento, il livello d’intimità costituiscono un ruolo protettivo fondamentale a sostegno sia della stabilità sia della qualità della relazione poiché sono l’espressione del patto di coppia, della capacità di perdonare l’errore e di individuare il valore dell’altro.
  • Fattori interattivi: sono la comunicazione e il conflitto, il primo costituisce il canale principale attraverso cui la relazione viene vissuta e grazie a cui si definisce il confine reciproco all’interno della coppia, il secondo circoscrive il perimetro all’interno del quale emerge la differente percezione che un partner ha dell’altro.
  • Fattori etici: commitment con cui s’intende l’impegno e la dedizione al rapporto attraverso cui si promuovono comportamenti a favore della relazione che consentono di aumentarne e di mantenerne sia la qualità sia la stabilità. Tra i comportamenti di commitment si rileva quello di accomodamento che è il risultato della decisione di reagire a comportamenti distruttivi in modo costruttivo, inibendo quelli negativi e cercando di metterne in atto di positivi. L’accomodamento ha un valore positivo se è il frutto di una dedizione volontaria alla relazione, finalizzata a creare e ricreare il legame altrimenti si traduce in un evitamento.
  • Fattori riguardanti le reti familiari ed amicali: il rapporto vissuto con le famiglie di origine costituisce un elemento fondamentale che condiziona la modalità di essere e di concepire la coppia.